Cambia la Storia: i romani colonizzarono la Barbagia

InSardegna nuove ricerche nell'aspro territorio della Barbagia rivelano una realtà finora impensabile: quelle zone non furono affatto refrattarie alla civiltà greco-romana. Inedite testimonianze archeologiche permettono ora di riscrivere intere pagine della storia dell'isola. Alla straordinaria scoperta dedica un ampio reportage l'ultimo numero della rivista «Archeologia Viva» (Giunti Editore). In Sardegna qualcuno ancora non riesce a crederci, ma i dati archeologici parlano chiaro: i romani riuscirono a penetrare nel cuore della Barbagia, più precisamente nell'insospettabile Supramonte di Orgosolo. In località Sirilò, un immenso altopiano calcareo a oltre mille metri di altitudine, ore di cammino a piedi ancora oggi per raggiungere il centro di Orgosolo: qui, durante lo scavo di un villaggio nuragico si sono spalancate le porte per una nuova interpretazione di come andarono le cose al tempo dei romani. Dalle fonti classiche sappiamo che i greci e i latini conoscevano bene la Sardegna. Le testimonianze di Erodoto, Diodoro Siculo, Strabone e, soprattutto, Pausania raccontano di popolazioni greche in fuga da Troia guidate da condottieri che si rifugiarono sui monti dell'isola. Notizie riprese nel Novecento che hanno creato tra le popolazioni della Barbagia il mito che nelle zone interne la colonizzazione romana, iniziata nel 238 a.C. durante la seconda guerra punica, sia stata respinta dalla forte resistenza degli stessi barbaricini, che non si sarebbero sottomessi. Ma la storia non è esattamente questa, come spiega l'articolo pubblicato su «Archeologia Viva», a firma di Maria Ausilia Fadda, l'archeologa della Soprintendenza di Sassari e Nuoro che da decenni conduce scavi in quelle che sono considerate le aree più impenetrabili della Sardegna. Le scoperte avvenute presso il villaggio nuragico di Sirilò mostrano la sovrapposizione di ambienti di epoche diverse documentando che gli ultimi a frequentare quest'area furono proprio i Romani. Il riuso di antiche tombe nuragiche dimostra che la romanizzazione della Barbagia interna non risparmiò le zone più impervie. Ulteriore conferma arriva poi dal ritrovamento di un deposito votivo all'interno della profonda e selvaggia gola di Gorropu. Tutti reperti, nemmeno a dirlo, di epoca romana o addirittura greca. «È evidente - spiega la dottoressa Fadda - che la convinzione diffusa di un isolamento resistenziale della Barbagia merita di essere seriamente rivista, per restituire al territorio di Orgosolo il giusto ruolo. Un ruolo che è stato sminuito da fonti storiche di parte e dalla scarsa conoscenza del territorio. Le vicende contemporanee del banditismo sardo non ci devono condizionare».