Quel generale fascista che non amava Mussolini
«Guerra segreta in Italia» Tornano in libreria le memorie di Cesare Amé curate da De Risio
Trail 1940 e il 1943, a capo del S.I.M. c'era il generale Cesare Amé che guidò i servizi segreti nel periodo più delicato e doloroso della storia del nostro Paese. Le memorie di Amé vengono oggi ripubblicate da Bietti nella «Guerra segreta in Italia 1940-1943», nell'edizione curata da Carlo De Risio, esperto di storia militare, che ha conosciuto personalmente Amé e ha pubblicato nel 1978 il saggio «Generali, servizi segreti e fascismo». La nuova edizione è completata da un prezioso e dettagliato «Promemoria» che il generale scrisse nel marzo '78 e che non fu mai pubblicato prima. Dalla voce diretta di Amé è ora possibile conoscere eventi, dettagli e retroscena dell'attività di spionaggio e controspionaggio della prima metà degli anni Quaranta in Italia. «La rievocazione di elementi di studio contenuta in questo scritto - spiega il generale Amé nella premessa al suo Promemoria - è rivolta alla ricerca della verità, non intende impoverire un patrimonio spirituale che sempre vive e opera in noi, ma mira a promuovere la conoscenza di essenziali argomenti ai fini dell'esperienza e della meditazione». Il generale Amé era nato nel 1892 a Cumiana e fu sottotenente di fanteria nella Prima guerra mondiale, medaglia d'argento al valore militare. Compì una carriera tutta interna al S.I.M., dove si distinse per brillanti azioni di raccolta informazioni e di analisi strategiche politiche e militari. Dal 1943, la posizione molto prudente assunta nei confronti dei tedeschi non fu gradita a Pietro Badoglio, che lo allontanò dal S.I.M. lo stesso anno. «Anche da noi - prosegue il generale nella premessa - nella prospera e nella avversa fortuna l'apporto informativo ebbe conseguenze e aspetti determinanti, in qualche caso decisivi, tanto nel campo offensivo quanto in quello difensivo, tanto nel disorientamento iniziale come nello smarrimento finale. Importanti contributi testimoniarono l'attività feconda del Servizio Informazioni, specie durante le drammatiche vicende del teatro di operazioni nord africano dove il condottiero germanico seppe sfruttarne in pieno la preziosa attività». La necessità di ripubblicare i documenti e di puntualizzare gli aspetti rimasti nell'ombra nasce dalla consapevolezza che dall'ambiguità nascono incomprensioni e fraintendimenti storici. Come spiegano le stesse parole di Carlo De Risio nella prefazione al Promemoria. «Dopo il 1954 - scrive De Risio - vari autori, come David Khan, storico della crittografia americana, si sono occupati dei servizi di informazione dell'Asse, non sempre con rigore e obiettività. Di qui l'esigenza, da parte di chi aveva diretto il Servizio Informazioni Militare italiano per tre anni, di ristabilire la verità». Verità che, in molti casi, ha fatto male proprio a quegli Alleati che l'hanno sottovalutata per decenni, più o meno consapevolmente. «Anche l'inglese Anthony Cave Brown - racconta De Risio - indulge a generalizzazioni dovute a verifiche affrettate. Ad esempio, l'effrazione del "Black Code", nell'ambasciata americana a Roma, non fu opera di un esperto in serrature (sic!), bensì dell'incursione notturna a Palazzo Margherita della Sezione P (Prelevamento) del S.I.M.: un ufficiale esperto, due sottufficiali e due "uscieri" in realtà agenti infiltrati...Le conseguenze della "disattenzione" del capo missione militare americano a Roma furono pagate a caro prezzo dagli inglesi...Per questo, nel dopoguerra, fu palese e insistente il proposito americano di soffocare l'episodio del "Black Code" con l'oblio e a tale intento furono rivolte sollecitazioni e cauti inviti anche all'ex capo del S.I.M., da parte del servizio informazioni americano. Ma senza esito».