Paolo Portoghesi «Le mie piazze degli sguardi»

Hacompiuto 80 anni e l'Accademia di San Luca lo celebra con una mostra. Ha riprogettato per la Capitale piazza San Silvestro. E Editori Riuniti ha appena ripubblicato il suo Roma Barocca, del 1966, un cult di storia dell'arte ora ampliato. Professore, la cosa più bella donata da Roma, la sua città, per il compleanno. Il pranzo in Vaticano nel Museo Chiaramonti. Ho disegnato i tavoli del Salone Sistino, che ritornerà sala di lettura della Biblioteca. E Oltretevere, con il cardinale Farina, mi hanno festeggiato meglio che nella città laica, per non dire dell'Ordine degli Architetti. Un calore che mi ha commosso. E riservato a un glorioso socialista, quale lei è stato. Socialista ma sempre credente. Il partito di Craxi si batteva per la giustizia sociale. E aveva tra gli iscritti Sergio Zavoli, definito socialista di Dio. A Roma portano la sua firma la Moschea e il quartiere Rinascimento. Ma la città trasuda dai suoi libri. Che cosa le piace di più di quella attuale? Amo le opere di Nervi, dal quale ho imparato molto. Tra le realizzazioni più recenti, l'Auditorium è importante anche se poco romano. Idem il Maxxi. Invece è una stonatura tremenda la teca di Meyer per l'Ara Pacis. Col suo volume dieci volte superiore a quanto poteva essere sopportato ha tappato la visione del Mausoleo d'Augusto. Ora però ce la dobbiamo tenere. Ci sono tanti lavori brutti. Ma una volta fatti, sono testimonanze storiche». Lei critica anche certi restauri. In "Roma Barocca" definisce "omologati" gli edifici di Piazza del Pantheon. Si vuole per forza cambiare colore alla città. Le tinte che più le si addicono sono quelle ottocentesche, l'ocra bruciato, il terra di Siena. Evocano la luce del tramonti. I pittori della Scuola Romana hanno ritratto questa Capitale, che si adatta ai ruderi. Nel '600 Palazzo Barberini era ocra rossiccio e richiamava i mattoni del Palatino. È pur vero che il '600 preferiva il travertino, il '700 il color dell'aria e il secolo successivo le bicromie. Ma, tornando a Piazza del Pantheon, i tre palazzetti rifatti in cilestrino fanno a cazzotti con tutto il resto. Com'è la «sua» Piazza San Silvestro? Potrà diventare un luogo vissuto in una posizione felice, il Tridente pedonalizzato. Forse rinverdirà i fasti di Piazza Colonna, che negli anni Trenta era un salotto, con l'orchestra del Maestro Vessella e i tavolini dei caffè. L'ho divisa in due parti, perché due secoli fa nacque dalla demolizione di edifici. È la mia "architettura dell'ascolto". Leggo uno spazio, lo analizzo, lo trasformo pensando al futuro e al carattere originario. Ecco allora dalla parte della chiesa un rettangolo recinto da panchine. Dall'altra, davanti al palazzo delle Poste, un ovale. Ho dovuto rinunciare all'impianto di olmi, così tipici di Roma. La Sovrintendenza ha obiettato che le piazze del Centro non hanno alberi». Lei si batte per un'architettura etica. Cosa non va qui? Che i valori qualitativi di Roma siano solo in Centro. La periferia è un dormitorio dieci volte più grande. Manca proprio la piazza. Che non deve essere uno spiazzo vuoto, ma un luogo con servizi collettivi. Il Sindaco mi ha dato la presidenza di una commissione per nuove piazze. Vi si cimenteranno giovani architetti. Spero progettino luoghi di incontro. Anzi, luoghi degli sguardi. Anche «Roma Barocca» privilegia il vedere, con ricchezza di foto. Molte sono sue. Per i miei 18 anni papà mi regalò una Rolex. Divenni un maniaco della fotografia, nel mio archivio ho milioni di scatti. Per me è il modo di capire il monumento. Ho rimpaginato il volume con un montaggio di immagini che cerca di individuare il carattere della città. Per esempio, quanti angeli ci sono...Roma, pur caotica, è una civitas angelica.