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Cento anni di svolte nell'arte

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La nascita della Gnam ha cambiato il volto della Capitale Klimt, Balla, Boccioni, Burri tra Roma antica e Barocco

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Anzi,si presenta al pubblico con un look rinnovato e più in sintonia con i nostri tempi frammentati e veloci. È la Galleria Nazionale d'Arte Moderna, a Valle Giulia, istituita nel 1883 ma destinata a conquistare la sua sede definitiva solo nel 1911, con il Palazzo delle Belle Arti appositamente progettato e poi ampliato da Cesare Bazzani, «padre» anche del Ministero della Pubblica Istruzione a Trastevere e dell'ospedale Fatebenefratelli all'isola Tiberina. Ora, partendo da un sondaggio che ha monitorato i desideri dei visitatori del museo, la dinamica Soprintendente della Gnam Maria Vittoria Marini Clarelli ha ideato un nuovo allestimento per una parte delle ricchissime collezioni (oltre 4400 fra quadri e sculture e 13.000 disegni e grafiche), più aderente alle nuove mode museali. Ogni sala è connotata da un colore diverso, scelto in base alle opere che vi sono esposte ed il percorso didattico rivela una maggior chiarezza. Si è scelto di superare l'ordinamento cronologico e di scandire le opere per grandi aree tematiche, con una sorta di impianto narrativo. Introdotti all'esterno dal gigantesco cerchio in acciaio corten di Mauro Staccioli che, a seconda del punto di vista, inquadra una parte della facciata, si è accolti nella sala delle Colonne dall'installazione «Passi» di Alfredo Pirri, un pavimento fatto di specchi incrinati che ironicamente evoca gli eventuali danni fatti dai visitatori e che fa da base ad alcuni gruppi scultorei dell'Ottocento. Così, fin dall'entrata, le due anime della Gnam, il XIX e il XX secolo, dialogano e si confrontano. Ecco, la frantumazione dell'opera di Pirri si riflette poi nell'ordinamento del museo, che crea non poca sorpresa e talvolta sconcerto, dando vita ad una specie di caccia al tesoro in cui cercare i «pezzi» del singolo artista, magari grandissimo, sparsi nelle varie sale, come capita per Balla e Martini o per i macchiaioli. Procedendo, si entra nel salone centrale nel quale sono esposte opere che al loro apparire hanno fatto scalpore, suscitando domande del tipo «Scusi ma è arte questa?», come diceva il titolo del celebre libro di Giorgio De Marchis, già soprintendente della Gnam. Ecco allora le opere scandalose di Duchamp, orinatoio docet, e i magnifici Burri, con il Sacco che procurò alla Bucarelli varie interrogazioni parlamentari, e poi i Fontana, i Vedova, i Manzoni presentati nel 1971 in una mostra che stava per costare il posto alla Soprintendente. Nelle due ali laterali sono esposti ritratti ed autoritratti di tanti artisti, da de Chirico e Balla a Guttuso ed Ontani. Subito dopo si parte con le tre aree tematiche che coprono due secoli: «Il mito, la storia e la realtà 1800-1885», «Verso la modernità 1886-1925» e «Un altro tempo, un altro spazio 1926-2000». E qui trionfa spesso una contaminazione fra opere dal linguaggio ben diverso che finirà col disorientare i visitatori invece di aiutarli. Un esempio per tutti: col pretesto del tema bellico alcuni dipinti di Fattori, che al di là dell'apparenza condannano la guerra, sono messi a confronto con opere degli aeropittori futuristi, come dire l'esatto contrario da tutti i punti di vista. Invece di un filo tematico spesso forzato sarebbe stato più utile individuare la continuità di linguaggio pur nell'innovazione che ad esempio univa il divisionismo di Previati al futurismo di Boccioni e poi, con un balzo nell'astrattismo assoluto, alla pennellata filamentosa di Piero Dorazio. Oppure far vedere che da Medardo Rosso, di cui viene esposto con merito il corpus integrale delle opere, nasce il primo Manzù. Un altro problema evidenziato dal nuovo allestimento è poi la sovrapposizione cronologica fra la Gnam, le cui collezioni si dovevano fermare al 1970, e il MAXXI: in entrambi troviamo opere dell'Arte Povera, alla Galleria Nazionale addirittura un gigantesco Penone del 2001, e della Transavanguardia, che sarebbe stato meglio tenere unite in un solo museo. Così la Gnam corre il rischio di sacrificare spazi preziosi per altri artisti che rimangono invece relegati nei depositi. Dominano sempre e comunque i soliti mattatori del sistema dell'arte più alla moda, mentre troppi artisti ingiustamente dimenticati non hanno voce. Le celebrazioni per il centenario della Gnam sono arricchite anche da quattro mostre, fra cui spicca quella dedicata a Pascali e all'Arte Povera, soprattutto per la bellissima sala che ripresenta dopo tanti anni l'allestimento delle opere ironiche e ludiche di Pino Pascali, legate anche ad una rivisitazione di una civiltà agricola e contadina ormai scomparsa. Intrigante e piena di curiosità la mostra «Arte in Italia dopo la fotografia, dal 1850 al 2000» ed è un giusto omaggio quella dedicata al percorso concettuale e neoduchampiano di Gianfranco Baruchello, classe 1924. Chiude il poker di rassegne «Costellazione Transavanguardia», con le opere di proprietà della Gnam

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