Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

«Cara Clara grazie per la giovinezza che mi hai regalato»

default_image

Mussolini si confidava solo con la Petacci Nel volume tutto il carteggio dal '43 al '45

  • a
  • a
  • a

Maprima di parlare di noi, parlo della nostra cara, grande, infelicissima Italia, due volte massacrata e tradita il 25 luglio e l'8 settembre. Quale infamia nei capi, re e Badoglio – quale incoscienza nel popolo, quanti tradimenti e viltà nei dirigenti. Ti risparmio i nomi. Oggi siamo inermi. Non abbiamo più un soldato, un aviere, un marinaio. Non un cannone, un fucile, un carro armato, un camion, un velivolo, un bastimento, una uniforme. Gli stessi soldati, prima di sbandarsi come branchi, hanno dato l'assalto ai magazzini – che erano pieni e non vuoti come proclamavano i traditori – poi è venuta la volta del popolino e finalmente gli alleati. Non c'è più nulla. Bisogna ricominciare dalle fondamenta ed è quello che sto facendo, tra difficoltà che puoi facilmente immaginare. Il popolo è demoralizzato, avvilito, immiserito; ora, forse, è pentito di avere “dimostrato” per il re e compagni nelle giornate del 25 luglio e successivi. Roma imbandierata per due settimane; come se avessimo battuto la Gran Bretagna! Roma! Quella Roma che io avevo fatto grande, maestosa, unica! Quella Roma, dove, forse, nessuna famiglia, era stata priva del mio aiuto! E che cosa avrà pensato il mondo della “volubilità” della nostra gente urbana! Veramente – come ti dicevo – io avevo sognato! Qualche volta mi punge il dubbio, se io non continui ancora a sognare (...). (10 ottobre 1943) Mia cara, se tu mi amassi veramente, colla dedizione che giunge anche alla rinuncia tu mi scriveresti una lettera nei termini seguenti. – Caro Ben, io vivo il tuo dramma. Terribile dramma perché è il dramma di un popolo crocifisso. Il mio non è che una rifrazione infinitesimale del grande dramma. Milioni di uomini e donne sono nelle mie condizioni. Comprendo che non ti piace di essere seguito da una scorta armata e pubblica. Ma dal momento che tu mi sei fedele, io aspetto in silenzio e rinuncio nell'attesa di una giornata, almeno una – di sole! – Intollerabile mi sarebbe il pensiero, se la mia rinuncia fosse inutile, ma io sono sicura che “veramente” quanto mi dici è “vero” e che cioè tutto in te è terso come cristallo puro. Mi chiedi un sacrificio: sia, il mio amore è capace di questo e altro tua Clara –. E io ti risponderei: Mia piccola: è la lettera che attendevo. Tanto più apprezzo quanto mi dici in rapporto al peso della tua rinuncia. Ti sono grato di comprendere che quando un dramma investe un popolo, tutto ciò che rimane di personale – passa in seconda linea. Ti sono soprattutto grato di credere a quanto ti dico. Veramente ogni desiderio è caduto. La mia carne sembra caduta in letargo. I miei pensieri non seguono che una direzione: vedere di risorgere, perché altrimenti tutto è finito; trenta secoli di storia – e quale! – perduti. La vita stessa non ha più sapore, né valore per me e nemmeno per gli italiani. Adoperiamoci tutti perché il sole ritorni e col sole, l'amore che rimarrà fiaccola sotto il moggio perennemente accesa. Addio Clara, ti abbraccio, con la tenerezza di ieri, oggi, domani. (2 febbraio 1944) Mia cara, mia piccola cara, sono le 20,30. Questo è indicativo per il tempo e l'ora. Ma se anche avessi avuto il tempo, oggi, non volevo vederti 1° perché i sentimentalismi celebrativi non sono di mio gusto, tanto che stamani, quasi quasi non ricevevo nemmeno il direttorio del Partito. 2° perché il controllo dei minuti che una manicure mi dedica, è semplicemente umiliante e mi copre di ridicolo. Comunque la seduta fu di 10-15 minuti, a far molto! Il resto fu tennis; 3° perché ho la impressione che tu cerchi il modo di “evadere”. Il tuo contegno lo dimostra. Qui ti accludo la lettera per Serrano Suñer che consegnerai a Marcello. (12 settembre 1944) Mia cara piccola, scusa se stamattina sono stato alquanto brusco (...). Ho ricevuto quella signora che per me è la vedova di un fucilato ingiustamente e vigliaccamente. Io sarei della stessa vilepasta dei fucilatori, se vedessi una donna, laddove è soltanto una vedova. Aggiungo che non la vedrò più, in quanto si stabilirà altrove nel Veneto, dato che malgrado il cambio del nome, è stata riconosciuta e minacciata (...). (7 novembre 1944)

Dai blog