Bunga Bunga e Quirinale nell'antica piramide del faraone Berluskamen
Tra ironia sottile e battute pungenti il Cav lascia il segno sulla sua epoca
Egli chiese se poteva prevedere anche per il celebre giornalista un posto accanto al suo. Sulle prime Montanelli restò spiazzato ma poi rispose: «Grazie di cuore Cavaliere. Non sono alla sua altezza». Sembra passato un secolo. Solo un mese fa Berlusconi sedeva sulla poltrona di Palazzo Chigi. Da allora le dimissioni, il governo Monti e le misure anticrisi. Quello che è cambiato non è solo un presidente del Consiglio ma un intero clima politico. Il cambiamento è sintetizzato perfettamente nella raccolta di vignette firmate da Emilio Giannelli che Marsilio ha pubblicato col titolo «Berluskamen». Come i faraoni dell'antico Egitto, il Cavaliere ha segnato in modo indelebile la sua epoca. Lasciando un'impronta con cui bisognerà fare i conti anche negli anni a venire. Dalle polemiche sul Bunga Bunga al Quirinale, dal caso Lavitola alla magistratura, dall'euro al rapporto con Bersani e Tremonti. Tutto scritto nero su bianco, tutto disegnato col tratto caricaturale di Giannelli. Mai esplicitamente schierato, mai sfacciatamente fazioso. Sempre in grado di andare a segno con efficacia e sagacia. Come quando dipinge il Cavaliere a colloquio con Napolitano. Le sue mire espansionistiche lo fanno parlare con schiettezza dell'agognato futuro da Capo dello Stato. Con nonchalance Berlusconi chiede a Napolitano una piantina del Palazzo perché ha in mente un nuovo progetto d'arredamento. O come quando c'è il chiarimento sul Bunga Bunga. L'ex premier ne parla con Napolitano e gli assicura che si è trattato di un gioco innocente. E propone di farglielo vedere. Giannelli ha detto tutto senza far vedere nulla. Quando disegna il vignettista non parte mai dal rancore. «Chi fa satira deve sempre ironizzare sui fatti - dice Giannelli - e su ciò che le persone rappresentano all'interno dei fatti stessi. Prendere di mira qualcuno, estraniandolo da un contesto, non ha alcun senso». Per questo Giannelli è uno dei nostri più celebri e più eleganti vignettisti satirici. Tratto di matita deciso, spesso minuzioso, battuta secca e pungente, ed ecco senza veli i potenti d'Italia e del mondo visti con un'ironia misurata e sottile, mai volgare e trasgressiva. Altro che Tutankhamon e i suoi millenari misteri. Anche l'Italia ha avuto il suo faraone. Forse l'ultimo. Come dice Giannelli che disegna il Cav seduto su un trono nell'antico Egitto mentre Bondi e Alfano lo sventolano. E lui: «Con le dimissioni di Mubarak resterò l'unico faraone con una maggioranza d'Egitto!». L'ultimo.