McCurry: «Ho il trucco per fotografare l'anima»
Eforse è proprio questo il suo segreto. Conservare lo sguardo vergine, la capacità di stupirsi anche a 61 anni, dopo miliardi di foto e decine di premi in tutto il mondo, tra cui il World Press Photo Award, una specie di Nobel della fotografia. In queste ore Steve McCurry è in Italia e Roma gli dedica una mostra fino al 29 aprile al Macro Testaccio dove sono esposte 200 fotografie tra cui molti inediti. Steve McCurry, quali sono le sue fonti di ispirazione? Mi interessa la natura umana. Sono attratto dal linguaggio del corpo. Sono affascinato dal fatto che gli esseri umani si muovono e si comportano in modo analogo a tutte le latitudini. Anche la fotografia è passata dall'era analogica a quella digitale. Rimpiange qualcosa dei vecchi rullini? Assolutamente niente. Le foto digitali hanno innumerevoli vantaggi e la qualità resta eccellente anche se si fanno scatti in condizioni di luce molto scarsa. Oggi si possono fare scatti anche usando semplici cellulari. Cosa pensa della fotografia per tutti? Tutti fanno foto ma non tutti sanno fare foto interessanti. È come la scrittura: tutti hanno una penna in mano e hanno imparato a scrivere ma non tutti scrivono cose interessanti. Cosa deve avere una foto per essere interessante? Una foto deve essere in grado di raccontare una storia. Deve aprire alla mente un mondo intero. Qual è l'attimo esatto in cui si capisce che è arrivato il momento di scattare? Quando scatto una foto reagisco a quello che vedo. Sono i dettagli che mi attirano. Per me la fotografia è come la meditazione. Cammino per strada e non penso né a ieri né a domani. Ci vuole la capacità di vivere in quell'istante, di concentrarsi solo su quell'attimo preciso. Nella mostra in corso al Macro Testaccio ci sono molte foto inedite scattate di recente in Italia. Cosa pensa del nostro Paese? L'Italia è un Paese eccezionale che possiede il 40 per cento dell'arte mondiale. Voi italiani siete abituati a vivere circondati da tutte queste bellezze visive. Il vostro Paese ha tanti problemi ma è unico. Tra i suoi scatti più celebri c'è la foto della profuga afgana. Secondo lei perché quell'immagine è diventata un'icona? Quella foto ha cambiato la mia e la sua vita. La sua fortuna deriva da una serie di circostanze. Innanzitutto è una bambina di dodici anni con un viso interessante, poi riesce a trasmettere una grande varietà di emozioni. In quel momento non pensa nulla in particolare e sta solo cercando di essere se stessa. Lei ha detto che quella foto ha cambiato anche la vita di quella ragazza afgana. In che modo? Dopo quella foto molte persone hanno cominciato a interessarsi a lei. Dove stesse, cosa stesse facendo. Tanto che alla fine siamo tornati a trovarla e l'abbiamo aiutata. Nella sua lunga carriera ha scattato fotografie praticamente in tutto il mondo. Quali sono i Paesi che sente più vicini alla sua sensibilità? La mia carriera è cominciata in India e sono molto legato a quel mondo. È un Paese ricco di sfaccettature e ha una grande profondità culturale. Ma io vivo a New York e anche la Grande Mela è una grande fonte di ispirazione per me. Qual è il suo sogno nel cassetto? Dove sogna di andare per scattare altre foto? Mi piacerebbe poter andare in Iran e Mongolia. Mancano all'appello e vorrei tanto colmare questa lacuna al più presto.