Le coincidenze secondo La Porta Segni infallibili
GabrieleLa Porta, in libreria con «Tu chiamale se vuoi coincidenze» tesse la tela attingendo da storie vere raccolte sul suo blog e fra le lettere giunte a Rai Notte durante la sua direzione durata 14 anni. Storie di una semplicità disarmante in una scaletta in ascesa alla cui sommità l'emozione travolge. Il giornalista e docente comincia piano. All'inizio il libro (La Lepre Ed.) sembra scritto sottovoce. Come di uno che vuole dire e dice non v'aspettate nulla che non sappiate già. Un passo indietro rispetto alle opere e ai saggi precedenti. Un ritorno sulla terra che nell'evoluzione degli scritti dell'autore sostiene in pieno le scelte di vita e letterarie. Con un'audacia che si fa vista lunga, dati i tempi. Con la crisi e la paura l'uomo tende a spendere di più e non di meno. Accetta il dolore dei sacrifici dopo averne sentito a lungo parlare. Li metabolizza al punto che quando li deve sopportare gli sembrano più lievi. Quando c'è crisi capita che le persone abbiano più tempo per riflettere, perché se è vero che tendono a spendere più soldi, i soldi di chi non è ricco finiscono prima e velocemente. Allora succede che rivedi un amico dopo tanto tempo. O che vai rileggere un vecchio diario. Contemporaneamente, sempre perché intorno è un gran casino, ti accorgi di qualcosa che ti era sempre sfuggito. Lo scrittore raccoglie lettere di meravigliose coincidenze con un denominatore comune: la scoperta, improvvisa, di occhi nuovi. L'amore per l'anima, noto, di Gabriele La Porta soffonde ogni scoperta. Persino i tratti infantili che illustrano il libro (di Donatella Scatena) dove una gatta c'è anche quando non si vede, spiegano l'amore colto per la semplicità. Che vince perché è naturale. Un padre che ci parla, un destino che non ci fa scendere dall'autobus. Che cosa accade quando una coincidenza ci salva la vita? Questo è il massimo. A patto di imparare a guardare la vita. Segni. Che non necessariamente devono essere misteriosi. Basta riguardarsi una giornata qualsiasi e il cavalcare dell'azione non sarà stato nulla se insieme non ne avremo colto la carica emozionale. Quelle emozioni che tacciono e aspettano. Di venire colte e assaporate. E che diventano cattive solo quando ce ne stiamo sordi a ignorarle.