Quel Risorgimento tirato per i capelli
Troppe volte le idee di Mazzini e Cattaneo vengono travisate Ecco come la pensavano su democrazia, federalismo, Europa
Levecchie cose accennano a dileguarsi. Tutte quelle grandi istituzioni politiche o religiose, giganti dell'evo medio, che per lo spazio di sei o otto secoli si contesero la dominazione del mondo, minacciano visibilmente rovina: il tempo della loro vita è consunto (...). Sì, la vecchia Europa agonizza; è questa la credenza di tutti noi sia che le nostre azioni la svelino altera e audace, sia che più cauta aspetti per rivelarsi una di quelle solenni manifestazioni che comandano a ogni uomo di assumere una parte della vita pubblica. E nondimeno, come è lenta quell'agonia!» Che penna, che parole! Sembrano scritte ieri, invece hanno 176 anni. Parole di uno dei padri dell'Italia unita: Giuseppe Mazzini, l'apostolo genovese, per alcuni (il cancellierissimo von Metternich, ad esempio, che lo chiamava «brigante italiano»), una spina nel fianco. In epoca di Centocinquantenario i riferimenti a Mazzini si sprecano. Ma sono tutti corretti? Il suo pensiero è riportato fedelmente? E quello di un altro «padre» del nostro Paese, Carlo Cattaneo, come viene presentato? In materia hanno le idee chiare due studiosi: Cosimo Ceccuti e Luigi Tivelli che per rappresentare alle giovani generazioni (ma anche alle vecchie una rinfrescatina non fa male) i pensieri di chi ha fatto l'Italia unita, propongono una serie di scritti dei due pensatori. Il risultato è: «Idee per gli italiani del Duemila», selezione di pensieri di Carlo Cattaneo e Giuseppe Mazzini. Rubbettino editore, 165 pagine, 14 euro. «È in Cattaneo che si afferma la visione federalista - scrive nella postfazione Luigi Tivelli - basata su un forte collegamento fra l'indipendenza nazionale da conseguire e il bene supremo della libertà». Ed è lo stesso Cattaneo che «nel 1865 sollecitava il democratico e garibaldino Antonio Bertani, medico e parlamentare, a sedersi all'estrema sinistra della Camera, a chiedere il suffragio universale e a rivendicare la riforma dei meccanismi amministrativi e burocratici dello Stato per lasciare spazio alle autonomie locali, però nel rispetto dell'unità della Patria e della Nazione senza alcun spirito separatista». Un federalismo di vita e di cultura, perciò. Insomma Cattaneo, che dell'idea federalista dai primi vagiti dell'Italia fu uno dei portabandiera, la intendeva come un rispetto dei tanti spiriti di campanile. Di muri e confini non ne parla... anzi. Con questa selezione di scritti Ceccuti e Tivelli mettono in tavola per il lettore le idee, i pensieri e le pagine più attuali di un grande pensatore, come Carlo Cattaneo che è, inutile nasconderselo, decisamente poco conosciuto, almeno a quelli che favoleggiano sui tatuaggi dei partecipanti al Grande Fratello. E poi ci sono le parole originali del ben più noto apostolo genovese, Giuseppe Mazzini, il cui pensiero è stato impacchettato, congelato, scongelato, fatto a fette e bollito a piacimento di chi capitava. Qualche volta attribuendogli idee decisamente contraddittorie. Andando a leggere il bell'italiano ottocentesco del Mazzini emerge il suo carattere intransigente ed essenziale. Questo è un libro, se pur curato da due studiosi di oggi, scritto dai protagonisti del Risorgimento. Un libro che parla, con ricchezza ed attualità, agli italiani del Duemila. Perché delle idee dei fondatori oggi c'è più che mai bisogno. Rileggendo le pagine ben selezionate di Cattaneo sul federalismo, si possono, ad esempio, sviluppare idee di grande attualità sul non ben spiegato e non ben capito processo federalista in atto in questo periodo. Tanto da chiedersi se chi, oggi, parla di federalismo, abbia realmente capito di cosa sta parlando. Di Mazzini il lettore potrà cogliere l'attualità di una certa idea dell'Italia in Europa o, in tempi in cui molti si abbarbicano solo ai diritti (o pretesi tali), cogliere il senso di quella «religione dei doveri» di cui oggi il Paese ha più che mai bisogno. Francesco Nucara, autore della prefazione, nell'anno delle tante celebrazioni, scrive: «In questa Italia invece si usa l'occasione del centocinquantesimo per disseminare da convenienti e facili tribune televisive germi di dissacrazione e di diffamazione sui veri Padri della Patria, credo più per farsi pubblicità che per gusto della dissacrazione...». Insomma un libro che mette i puntini sulle i e fa giustizia di due ideologi, appassionati e rigorosi, dei quali oggi troppo si parla a sproposito. «Amate i figli che la provvidenza vi manda - scriveva Mazzini - ma amateli di vero, profondo, severo amore; non dell'amore snervato, irragionevole, cieco ch'è egoismo per voi, rovina per essi. In nome di ciò che v'è di più sacro non dimenticate mai che voi avete in cura le generazioni future». Che oggi, più che mai, sono le prime ad essere state tradite.