L'irriverente Sherlock Holmes
criminologo geniale e sregolato La frase «Elementare, Watson!» è apocrifa e nata nei film come il suo cappellino e la sua pipa a forma di proboscide
Alnumero 221B di Baker Street l'investigatore vive a Londra con l'amico Watson, ricalcato sulla figura di Joseph Bell, brillante medico che Doyle conobbe veramente e per il quale provava grande ammirazione per le sue eccezionali capacità deduttive. Bell aiutò effettivamente la polizia in alcuni casi (tra i quali quello di Jack lo squartatore) e diede il suo contributo alla nascita della medicina legale. Presente in quattro romanzi e cinquantasei racconti, il personaggio e le avventure di Holmes sono raccontate, nella loro quasi totalità, dal suo amico e biografo, dottor John Watson, una sorta di alter ego dello stesso Conan Doyle (laureato in medicina), che descriveva Holmes con «sguardo acuto e penetrante; naso sottile aquilino, aria vigile e decisa, mento prominente e squadrato, tipico dell'uomo d'azione, mani, invariabilmente macchiate d'inchiostro e di scoloriture provocate dagli acidi». Ed è sempre Watson a ricordare i limiti del detective: «Conoscenza della letteratura - Zero. Conoscenza della filosofia - Zero. Conoscenza dell'astronomia - Zero. Conoscenza della politica - Scarsa. Capacità di usare la logica - Ottima. Sa molte cose sulla belladonna, l'oppio e i veleni in genere. Conoscenza della letteratura scandalistica - Immensa. Sembra conoscere ogni particolare di tutti i misfatti più orrendi perpetrati in questo secolo. Buon violinista. Esperto schermidore col bastone, pratica il pugilato a mani nude e gran spadaccino. Ha una buona conoscenza del Diritto britannico». Nel racconto «L'avventura della casa vuota», Holmes afferma inoltre di conoscere il bartitsu, un sistema di lotta giapponese derivato dal jujitsu, rendendolo uno dei primi occidentali ad aver praticato le arti marziali orientali. In realtà, in numerosi racconti, Holmes rivela di possedere anche una buona conoscenza della politica (come in «Uno scandalo in Boemia»), e di avere pure un vasto interesse letterario e filosofico, citando numerose volte la Bibbia, Shakespeare e Goethe. Holmes conosceva tra l'altro il tessuto criminale londinese meglio di tutti grazie ai numerosi informatori (in genere ragazzini) e alle sue grandi doti trasformiste, che lo aiutavano nella raccolta di molte prove per la risoluzione di complicatissimi casi. Sua caratteristica predominate era quella di tenersi lontano affettivamente dalle donne, per mantenere la mente sempre lucida e sgombra da pensieri inutili e svianti: «L'amore è un'emozione e tutto ciò che è emozione contrasta con la fredda logica che io pongo al di sopra di tutto» (diceva Holmes ne «Il segno dei Quattro»). Solo nel racconto «Uno scandalo in Boemia», il detective mostra di provare una grande ammirazione per Irene Adler, l'unica donna che sia mai riuscita a ingannarlo, ma tale sentimento non può essere certo definito amore. Nutre una certa diffidenza anche verso le tecniche investigative di Scotland Yard, divertendosi alle spalle dell'Ispettore Lestrade pur aiutandolo soprattutto per soddisfazione personale. Ha poi un difetto che, con il seguito della serie viene via via cancellato da Doyle: ogni volta che cade in uno stato di inattività, per combatterne la depressione e mantenere la sua mente in movimento, Holmes fa uso di cocaina o morfina. Successivamente tale dipendenza sarà sostituita dalla pipa. Doyle, dopo avere narrato ne «L'ultima avventura» la morte di Holmes, nel corso di un duello con l'arcinemico Moriarty presso le cascate di Reichenbach, fu costretto prima a realizzare un romanzo, «Il mastino dei Baskerville», ambientato prima della sua morte, avvenuta nel 1891: grazie al fatto che il corpo del geniale investigatore non venne mai ritrovato, lo fece ritornare vivo e vegeto in attività ne «L'avventura della casa vuota», ambientata nel 1894, dopo tre anni di buio in cui Holmes si teneva nascosto, aiutando in segreto il governo britannico. Al termine di una carriera lunga ben 23 anni, 17 dei quali in collaborazione con Watson, Holmes si ritirò prima nel Sussex a studiare l'apicoltura, poi in una fattoria a cinque miglia da Eastbourne, dedicandosi alla filosofia e all'agricoltura, non prima di aver però aiutato l'Inghilterra nel corso della Prima guerra mondiale. Il personaggio creato da Conan Doyle è stato un punto di riferimento per molti dei successivi detective delle opere di fantasia, tra i quali Hercule Poirot, Ellery Queen, Nero Wolfe e persino Guglielmo da Baskerville, protagonista de «Il nome della rosa» di Umberto Eco. Il detective di Baker Street resta però il primo, se non ad applicarla effettivamente, a rendere popolare la criminologia, cioè l'applicazione del metodo scientifico alle investigazioni criminali. Il modo di dire tipico, attribuito ad Holmes, è la frase «Elementare, Watson!» (Elementary, my dear Watson!), quando spiega, con una certa sufficienza, all'amico medico la soluzione di un caso. In realtà in una pagina della raccolta «Le memorie di Sherlock Holmes», nel racconto «L'uomo deforme» e anche in una pagina del libro «Uno studio in rosso», Holmes, rispondendo a una domanda di Watson, fa semplicemente uso del modo di dire «Elementare!», riferito ad un suo ragionamento. Anche le immagini in cui il detective indossa il deerstalker (il cappellino da cacciatore) e fuma la pipa calabash (quella ricurva a forma di proboscide) sono apocrife: Holmes fumava indifferentemente pipa, sigari e sigarette.