Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

di Stefano Mannucci Due fratelli hanno mandato a gambe all'aria il Grande Fratello.

default_image

  • a
  • a
  • a

Nellacontrapposizione socio-mediatica degli opposti modelli proposti da Cinecittà, il "volemose bene" di Rosario e Beppe (due terzi della premiata lobby artistica dei Fiorello) ha sparso calce sopra la boria e il cannibalismo psicologico dei "ragazzi" della Marcuzzi. Alla faccia del temuto "calo fisiologico" degli ascolti, il supervarietà del mattatore siciliano è ingrassato ancora: e lo share della terza puntata è stato del 43.18% pari a 11.735.621 spettatori, ma i numeri volano come coriandoli: picchi di 14 milioni, punte del 50 %, con la Rai a giubilare e Mediaset che tenta invano di contenere lo spread. Il Gf è calato a 3,5 milioni di irriducibili fans (percentuale del 15 e rotti), ma con questa curva discendente sarà dura arrivare al traguardo dei nove mesi di reclusione e all'agognata iscrizione nel Guinness dei reality più duraturi. Colpa dell'usura del format e di un casting mai come quest'anno sbagliato, con concorrenti insopportabili per carattere e per lo sfoggio di un'ignoranza che fa piangere più che ridere. Diverte, invece, Fiorellone. Eccome. Nonostante qualche rallentamento nel passo comico, sembra essersi caricato sulle spalle molte cose: traqueste, anche una sapida controffensiva diplomatica italiana. Ed ecco lo "Scialla!" al bersaglio Sarkò, ecco la stoccata a Putin, che «speriamo non ci tagli il gas ora che non c'è più l'amichetto suo, e mandiamogli un lettone montato da Bondi con la brugola del sei». Qualcuno obietta: con quel che costa, "Il più grande spettacolo dopo il weekend" deve funzionare per forza. Un investimento da 12 milioni per quattro puntate (ma si ipotizza possano diventare almeno cinque), e un cachet da 300mila euro (lordi) per il presentatore. Che da Viale Mazzini non mancano però di ricordare sia lo stesso compenso del 2004, quando Fiore conduceva "Stasera pago io Revolution". Comunque, non è mica vero che in tv la spesa corrisponda al risultato. Anzi, quasi mai. Invece lo spettacolo del lunedì è la cosa più vista della tv generalista dal 2006, Sanremo escluso. Lo stesso Morandi si troverà di fronte all'imbarazzante confronto numerico, quando a febbraio tornerà all'Ariston. Quel che è certo, da questa linea del fronte non si torna indietro: perché Fiorello ha catturato la nostalgia per un buon gusto d'antan, sul modello dei vecchi grandi varietà anni Sessanta. Più generazioni di telespettatori non hanno goduto di quell'eleganza, e si sono consegnate al trash. Finora. In tanti dovranno farsene una ragione, di questo successo. A partire da Santoro, che straparla livoroso di un Fiorello «ansiolitico perfetto», e proseguendo con Pippone, che applaude a denti stretti, ma ricorda la tramontata distinzione «fra auditel e indice di gradimento». Trema Zalone, che il 2 e il 9 dicembre da Canale 5 dovrà tenere botta con i due speciali del "Resto umile world show". Mentre omaggia il rivale, Checco ricorda che «non sa dire le parolacce come me», e anticipa uno dei suoi personaggi: un Michele Misseri trapiantato negli studi di Cotto e Mangiato, «dove cambia idea sugli ingredienti ogni due secondi». Ancora prima di vederla, sembra già una tristissima trovata.

Dai blog