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Re, duce e presidenti Il Colle dai Savoia alla terza Repubblica

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Luminariepatriottiche da piazza del Popolo - ridisegnata dal Valadier per accogliere il conquistatore Napoleone - a piazza Venezia e al Vittoriano. Bonaparte ambiva abitare al Quirinale e ci mise pesantemente mano. Vittorio Emanuele II, che riarredò la reggia sul Colle, fece dell'Altare della Patria un luogo condiviso anche ai tempi della Repubblica. Insomma, se il sindaco Alemanno rende omaggio all'Unità d'Italia con un 25 dicembre tricolore, la Casa degli Italiani non può essere da meno. E dunque celebra il secolo e mezzo che ci divide dal 1861 con una mostra allestita con sobrietà da Luca Ronconi nel quadrilatero che riunisce memorie antico romane, papaline, sabaude, fasciste. E repubblicane: prima, seconda e terza Repubblica, a tener conto della rivoluzione-Napolitano. Allora, varchiamo il portone del Quirinale da domani e fino a marzo. Nella sequenza di sale che affacciano davanti all'obelisco con i Dioscuri, e nelle altre che girano attorno alla barocca scala del Mascarino - quella che un ambizioso sovrintendente del palazzo avrebbe volentieri abbattuto se un sovrano non lo avesse zittito con un «non abbiamo fondi, soprassediamo» - troveremo in 1500 documenti (e in dipinti, foto, giornali, filmati dell'Istituto Luce) la storia d'Italia fatta sul Colle. A organizzare il materiale è Paola Carucci, sovrintendente dell'Archivio Storico della Presidenza. Ma c'è anche l'aspetto artistico della Casa degli Italiani. Che si mette in mostra con pochi pezzi - una scultura antica, alcuni dipinti - perché già il contenitore è artistico. Dice Luis Godard, consigliere per la conservazione del patrimonio: «L'impegno dei Savoia fu riempire il palazzo, quello dei presidenti quello di conservarlo e conoscerlo, attraverso ricerche che hanno per esempio condotto a scoprire gli affreschi di Pietro da Cortona sotto i damaschi napoleonici della Galleria di Alessandro VII Chigi». E infatti quando il re d'Italia passò la prima notte nella reggia romana - dovette farla aprire col grimaldello, perché il fedele Antonini, pur avendo Pio IX issato bandiera bianca a Porta Pia, si rifiutò di dargli le chiavi - la trovò vuota. Il Papa ex Re s'era giustamente portato via tutto, come registrò l'inventario del notaio Frattocchi. Ecco allora il trasloco di pezzi pregiati - specchi nelle monumentali cornici dorate, lampadari di cristallo, arazzi, mobili, tappeti, broccati - dalle regge preunitarie. Ed ecco anche - ai tempi della prima guerra mondiale - arrivare nel palazzo per volere della regina Elena letti per ammalati, perché la sovrana aveva trasformato la sua dimora in ospedale. Il viaggio nella storia d'Italia si scandisce in quattro periodi. Dal 1870 al 1922 i documenti parlano di Vittorio Emanuele II, i cui funerali e sepoltura al Pantheon divennero un plebiscito che smussava la Questione Romana, e poi di Umberto I e del Vittorio Emanuele III prima maniera. La seconda squaderna l'ambiguo rapporto tra dittatura e monarchia, simbolicamente rappresentato dall'inserimento nello stemma sabaudo dei fasci littori al posto dei due leoni rampanti. La terza illustra la transizione dall'8 settembre '43 al referendum del 2 giugno. Infine la Repubblica. Enrico De Nicola è commosso quando Saragat, a capo della Costituente, lo accoglie a Montecitorio. Giovanni Leone è fotografato accanto alla regina danese, una stanga in lungo rosa e spalline a sbuffo che sovrastano il nostro presidente più basso. Nel cortile d'onore sono schierate le carrozze presidenziali. Da sfilata, da passeggio, da guerra. C'è anche la Lancia Flaminia datata 1961. Da mezzo secolo il 2 giugno porta il Capo dello Stato all'Altare della Patria.

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