Capire i giovani e il legame con le diversità
Perle comunità ebraiche è la prima importante ricerca che inquadra lo «stato d'animo» dei giovani in merito al rapporto con lo Stato d'Israele, l'immigrato, la comunità di appartenenza, il rischio discriminazione o la formazione negli istituti scolastici. Come spiega il presidente di Hans Jonas, Tobia Zevi, nella presentazione del volume, gli ebrei italiani «condividono le preoccupazioni per una società italiana che si trasforma rapidamente, per la generale precarizzazione dell'esistenza e per l'indebolimento dei legami sociali, e al tempo stesso temono di subire una nuova ondata di antisemitismo. Pur in un'epoca di grande benessere per chi risiede in Occidente - scrive Zevi - non mancano ragioni di paura legate al destino dello Stato d'Israele e alla risoluzione sempre più difficile del conflitto israelo-palestinese». Dalla ricerca del pedagogista Meghnagi, si evince come i giovani ebrei che vivono nelle grandi Comunità, come Roma e Milano, non vedano gli immigrati come una presenza ostile (82,3%). Anzi, nel quaranta per cento dei casi credono che difendere gli immigrati equivalga difendere gli ebrei. Ma più del 70% degli intervistati pensa invece che l'immigrazione di tipo islamica sia una minaccia per l'Italia e l'Europa. Ovvio, non tutti i musulmani sono ostili agli ebrei. Ma capire cosa succede nella testa dei giovani d'oggi è la chiave per istituire un programma serio di formazione che possa anche dare alla società i leader di domani. Del resto la ricerca porta questi ragazzi di religione ebraica, legati a un'antica tradizione e a una recente tragedia (la Shoah), di fronte a un bivio. Da una parte la voglia, e la possibilità, di essere protagonisti all'interno della società, facendosi paladini della tutela delle minoranze di qualunque natura. Dall'altra possono scegliere di chiudersi a riccio. «I giovani ebrei italiani - scrive ancora Zevi - rappresentano un osservatorio particolare: nella loro specificità essi hanno molti punti di contatto - come ovvio - con i loro coetanei, ed è per questo motivo che la lettura, anche in chiave comparata, di questo volume può essere interessante per i non ebrei».