Gene e il tam-tam del libro da pubblicare
(...)Il libro è stato proposto a più editori che lo hanno rifiutato per svariate ragioni. Una mattina di dicembre del 1996 ho portato il dattiloscritto all'editore Vanni Scheiwiller il quale ha fatto dire che non c'era ma io sapevo che c'era perché lo avevo visto entrare e la sua macchina era parcheggiata fuori. Quindi ho aspettato fino alle nove di sera e quando lui è uscito dal portone con grande fatica gli ho lasciato il manoscritto ma senza impegno. Dopo un mese e mezzo mi è arrivata una lettera nella quale molto cortesemente ma anche molto fermamente mi si riferiva che l'editore Scheiwiller non pubblica prosa eccetto Vivian Lamarque. Io ho risposto che potevo ridurlo a poemetto tipo La ragazza Carla o La ballata di Rudy di Pagliarani o scriverlo inavvertitamente semplice come la Lamarque, ma Scheiwiller pur di non rispondermi è morto. O si è lasciato morire e mi è molto spiaciuto essere stato se non l'ultimo, uno degli ultimi crucci dell'editore Scheiwiller. Ho preso anche la cittadinanza finlandese e assunto un nome nordico come Gnokko Paaraffinen per tre anni pur di farmi pubblicare da Iperborea, ma così facendo ho rinunciato al voto in Italia, soprattutto quello delle primarie per il Pd, e mi sono sentito diminuito. Al diavolo Iperborea, quindi, ma pure Marsilio che era interessato al mio romanzo, anche se l'obbligo era di scrivere 700 pagine con almeno 35 morti violente, una ogni venti pagine e descritta per diciannove. (...) Alla Baldini e Castoldi mi hanno trattato malissimo. Non volevano che il libro avesse la veste di diario. Quando porti un manoscritto ai vari editori, sai se leggeranno da come lo prendono e lo ripongono. A quelli della Feltrinelli quando gliel'ho dato gli erano caduti dei fogli, hanno fatto finta di raccoglierli e poi li hanno gettati via. Erano le pagine 41, 42 e 44. La 43 è bianca. C'è modo e modo. (...) Quelli della Einaudi mi hanno detto che il libro andava bene, cioè sarebbe andato bene se avessi tolto i capitoli sulla rapina al treno che trasportava gli ippopotami per la festa a Gheddafi in occasione della secessione padana. A quel punto mi sono così tanto depresso che l'ho portato alla Bompiani, tanto lì pubblicano tutto (...). Mi corre anche l'obbligo di dire che durante la stesura del manoscritto ho cambiato sesso e quindi le ultime pagine potrebbero risentire di questa nuova condizione. LA CAMORRA Ho imboccato le rotaie dell'autolavaggio, ho messo in folle e la mia auto ha cominciato a muoversi. Ecco, proprio in quel momento, che è il momento in cui uno pensa di essere più al sicuro di tutti i momenti del mondo, sono stato rapito dalla camorra, che già da tempo era sulle mie tracce. Io ho sempre dato molto fastidio alla camorra perché, prima di fare il rappresentante di siero antivipera, avevo un negozietto dove vendevo pizzi. (...) «Ricordati che tu e Saviano siete due uomini morti. (...) noi lui non lo ammazziamo, ma te sì, a meno che tu non scriva subito un libro contro la camorra da cui si possa ricavare un film e vendere le magliette». CONFINDUSTRIA Da un paio d'anni, forse di più, saranno quasi tre, vado a tutte le assemblee di Confidustria, a tutte quelle dove c'è Emma Marcegaglia. Ho sentito tutti i suoi discorsi da capitana d'industria: mi metto lì, vestito da usciere, un vestito da usciere rubato a un usciere cinque anni fa, col cappello che però non uso mai e aspetto che Emma cominci a parlare. La Marcegaglia mi piace da morire. Mi piace tutto di lei, ma soprattutto il suo essere donna forte, sempre concentrata sull'obiettivo, sempre concentrata sul fatturato, sugli sgravi fiscali alle aziende, sulla ripartenza dei consumi. So tutti i suoi discorsi a memoria, tutte le intonazioni, come cambia tono quando si rivolge ai sindacati o ai giovani.