di Lidia Lombardi Il Maestro Lanzetta depone la bacchetta sull'ultima nota della sinfonia Dal Nuovo mondo di Dvorak.
Signori,thanks you too much, congeda il prof. Pausa pranzo con panino e coca cola per i violini, l'arpa, i fiati. La prova degli studenti del Conservatorio di Santa Cecilia ricomincia alle 14. Sì, sono studenti. E suonano in quella che a inizio '900 era la più grande sala concerti di Roma. Guardatela qui sopra. Uno spazio bianco inondato dalla luce come una benedizione. Scende da sedici finestroni sotto il soffitto di stucchi a cassettoni con gli stemmi di Santa Cecilia, del capitolino SPQR e del Regno sabaudo. Già, furono i Piemontesi a volere fortissimamente il Conservatorio. Solo nella Capitale non c'era alcuno. Per la Sala Accademica, disegnata nel 1881 dall'architetto Coltellacci, la regina Margherita offrì diecimila lire. E dal 1875 il Liceo Musicale riceveva una sovvenzione annua di diecimila italiche lirette. Il sovrano calato dal Nord aveva dato all'istituto una sede acconcia, nel convento portato via alle suore Orsoline, in via dei Greci, sotto il Gianicolo. Ma quello che 130 anni fa per regio decreto si scisse dalla costola dell'Accademia di Santa Cecilia e prese il nome di Conservatorio aveva alle spalle quattro secoli di vita. Data al 1565 la nascita della Congregazione dei Musici di Santa Cecilia. Potentissima istituzione pontificia. Solo da lì uscivano i maestri di cappella, solo le musiche approvate là potevano essere eseguite. L'occhiuta sorveglianza della corte papalina tarpò le ali all'Accademia. Bisognò aspettare il 1836 per un avvio di laicizzazione. E vennero fior di musicisti: da Spontini a Donizetti, da Paganini a Mercadante. Però il Papa Re non volle mai spendere abbastanza denaro per creare una scuola che formasse i giovani. Ci pensò un accademico, grande allievo di Liszt, a insegnare ai ragazzi quanto è bello suonare. Si chiamava Giovanni Sgambati. In un locale ottenuto in concessione nell'Accademia cominciò a impartire lezioni di piano. Si aggiunse Ettore Pinelli con un corso gratuito di violino. Poi vennero i prof di violoncello, di ottoni, di canto. Oggi gli allievi sono 1500, molti asiatici, orgogliosi di frequentare il Conservatorio dal quale sono usciti Gazzelloni e Giulini, Gelmetti e Morricone e dove studiò pianoforte Anna Magnani. Nel chiostro-giardino le rose fioriscono. Nel silenzio dell'ex refettorio delle Orsoline trasformato in sala di lettura - affreschi di Andrea Pozzo - s'infila un puntiglioso accordo di violino. Riprendono le prove nella Sala Accademica. Piccoli piccoli, i ragazzi, sotto la mole dell'organo appena restaurato, una cattedrale di canne con il marchio Walcker-Tamburini e la data 1894. Al centro ha l'immagine di Cecilia, la martire romana del terzo secolo dopo Cristo. Divenne patrona dei musicisti per un errore di traduzione. Un brano della Passio dice che «mentre gli strumenti suonavano (cantantibus organis) Cecilia in cuor suo rivolgeva il canto al Signore». Quel «in cuor suo» fu soppresso. E si immaginò che la Santa cantasse accompagnata dall'organo. Amen.