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di Sarina Biraghi «E vissero felici e contenti...».

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Ela colpa non è della mancanza d'amore, il cosiddetto «sturm und drang», quello sconvolgimento dell'anima e della vita, semmai la colpa è dell'amore. Infatti, la passione, la ricerca dell'amour fou sostenuta da André Breton, ormai diventate essenziali, un diritto, sono conquiste fra le cause del declino delle coppie moderne. Lo sostiene il francese Pascal Bruckner, gauchista della prima ora, classificato tra i nouveaux philosophes insieme ad André Glucksmann, teorico della liberazione sessuale, nell'ultimo saggio «Il matrimonio d'amore ha fallito?» (Guanda, pagg. 116, euro 12): «Abbiamo voluto confondere l'amore con il matrimonio, addomesticando l'uno e mitigando l'altro e il risultato è che ci si sposa di meno, si divorzia di più, si preferisce l'unione libera o la convivenza per poter modellare a piacere i propri sentimenti». In sostanza, una delle scommesse perse della società moderna, secondo Bruckner è aver voluto mettere «la legge al servizio delle passioni invece di inquadrare le passioni per mezzo della legge». Una sconfitta che l'autore ripercorre, tra storia, letteratura, un confronto con il passato e l'analisi ironica del presente proprio in questo piccolo saggio che ha suscitato polemiche. Insomma, senza inorridire per pratiche arcaiche o rinunciare alla libertà duramente conquistata, il vituperato matrimonio combinato o d'interesse ha maggiori possibilità di successo di quello romantico. Sì, perché «Le nozze fondate su un accordo suscitano ben poche illusioni e quindi meno rischi di rimanere delusi». Peraltro, quanti matrimoni che si direbbero inossidabili malgrado mariti supertraditori si reggono su soldi, proprietà, in una parola, interesse? Nella provocatoria analisi del filosofo anticonformista, infatti, l'innamoramento è qualcosa di troppo soggettivo, mobile, e quasi sempre temporaneo per costruirci sopra un'associazione complessa, duratura, con ruoli sociali e competenze pratiche e funzionali, come la famiglia. Scrive l'autore: «La follia sta nel voler conciliare tutto, il cuore e l'erotismo, l'educazione dei figli e il successo sociale, il fermento e la lunga durata... Le nostre coppie non muoiono per egoismo o materialismo, ma per un eroismo fatale, per un'idea troppe grande di se stesse... Ogni donna deve essere allo stesso tempo mamma, puttana, amica e guerriera; ogni uomo padre, amante, marito e vincitore: guai a chi non soddisfa queste condizioni!». E se la coppia scoppa Bruckner si sofferma anche sulle iniquità in una società dove tutto è permesso, come le famiglie allargate con gli ex che continuano a orbitare intorno alla coppia; gli over 50 in una post adolescenza sfrenata e i «pensionati iperattivi» che armati di Viagra abbandonano la compagna di una vita in cerca di giovani fidanzate. E allora, il consiglio filosofico? «Quel che bisogna inventare oggi è un edonismo non commerciale, che includa la sorpresa, l'equilibrio, la ponderatezza e che sia, innanzitutto, un'arte del vivere con gli altri e non di godere di se stessi - scrive Bruckner - I matrimoni nella metà dei casi durano, e gli sposi restano insieme, se non per un affetto traboccante, almeno perché vi trovano il proprio tornaconto». Insomma il matrimonio d'interesse "moderno" conviene a tutti e due, purché sia una scelta libera, con buona pace delle lotte sessantottine. Perché è meglio un po' più di ragionevolezza e un po' meno di quell'amore che fa strappare i capelli, come cantava De Andrè, meno «follia divoratrice» e più leggerezza: si può avere così una relazione in cui si è amici e amanti, uniti senza lucchetti, senza drammi e più gioia. Avere una relazione, un forte legame una è poter «sorridere per amore». Avere una relazione in cui si ride, si è leggeri, si è amici, si è amanti, senza patemi d'animo, senza sospiri e con molti respiri. Meglio essere più indulgenti e delicati, perdonando le reciproche debolezze, non facendo del male a chi amiamo, ringraziandolo per accettarci così come siamo. Ecco: una relazione con un solo grande interesse comune: la gioia. La gioia di vivere. Ma, volendo sdrammatizzare, la gioia di vivere di Bruckner può essere smisurata, esclusivamente per le donne, seguendo i consigli della giornalista Paola Jacobbi sui regali «preziosi» degli uomini. Come ben spiega nel suo ultimo libro, «Sotto i tre carati non è vero amore» (Sperling & Kupfer, pag. 135 euro 16,50), i gioielli sono una “passione” per uomini e donne. Piccoli tesori in miniatura, i maschi li regalano per dimostrare il loro amore ma anche il loro conto in banca, ma soprattutto per mettere a tacere o lasciare sbalordite (mai troppo…) fidanzate o mogli e, ancor peggio, per farsi perdonare. Le donne li accettano, li desiderano…a ragione la stilista Diane von Furstenberg quando sostiene che le donne che dicono di non amare i gioielli è perché non li ricevono in regalo o perché non possono comprarseli. Inoltre i gioielli, dalla collana di Schlumberger resa famosa da “Colazione da Tiffany” alla catenina “Carrie” di Sex and the City, dal filo di perle “non negoziabile” della Thatcher agli charme tintinnanti al polso, assolutamente poco pratici, sono accessori di stile che completano il nostro look, armi di seduzione e rivalsa, custodi di memorie e passione. Tutti i preziosi, dai bracciali agli orecchini alle spille, fino al sogno più romantico, il solitario. L'unico che può trasformare un fidanzato qualunque in un principe azzurro…smentendo anche il filosofo francese Bruckner.

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