L'arte di vincere? È roba di numeri
L'uomoha infatti elaborato un rivoluzionario metodo per scegliere i giocatori da acquistare e inserire nella rosa da schierare in campo. Questa storia, raccontata nel libro di Michael M. Lewis «Moneyball: The Art of Winning an Unfair Game», è diventata ora un film diretto da Bennett Miller (già famoso per il suo «Capote» - 2005), interpretato da Brad Pitt e Philip Seymour Hoffman che racconta le vicende di Billy Beane (Pitt), general manager della Oakland Athletics, che nonostante un budget bassissimo riuscì a costruire una squadra di baseball di successo e fu imitato da tutte le altre squadre. Nel film si racconta degli Oakland Athletics, buona squadra di baseball che però non poteva competere con i budget stratosferici di altre squadre, potenti come i New York Yankees. Quando al termine di una buona stagione il general manager Billy Beane si vede portar via i suoi tre migliori giocatori, la loro sostituzione diventa impossibile, soprattutto con i pochissimi soldi a disposizione. Tutto però cambia quando Beane incontra Peter Brand, giovane laureato in economia che gli dimostra come si possa costruire una squadra vincente basandosi sulle statistiche invece che sui nomi altisonanti. A sorpresa, Beane abbraccia la filosofia del ragazzo e rifonda la squadra con nomi sconosciuti o apparenti scarti, lasciando perplessi i collaboratori degli Oakland Athletics, compreso l'allenatore Art Howe. All'inizio le cose non sembrano funzionare, ma a mano a mano il sistema messo in piedi da Beane & Brand comincia a dare frutti insperati. Beane, uomo sconfitto come giocatore nel mondo del baseball tenta con ogni mezzo di cambiare il sistema quando ne vede la reale opportunità. L'uomo è in realtà ossessionato dal suo lavoro e, persino nel successo, continua a sentirsi uno sconfitto, tanto che non guarda mai le partite allo stadio perché sente di non portare fortuna alla squadra. È un uomo mediocre, o almeno pensa di essere tale, finché la disperazione mescolata con una buona dose di ambizione cambierà la sua testa e la sua vita. Ma sarà, su tutto, fondamentale l'incontro con quel giovane ammantato di idee fatte di numeri e statistiche che cambieranno il suo destino. Pitt regala al personaggio carisma e quella dose di sordida rabbia repressa che il protagonista sfoga assaggiando qualsiasi cosa gli capiti davanti. Accanto a Pitt c'è Jonah Hill e Philip Seymour Hoffman, forse un po' troppo sacrificato nella parte dell'allenatore Howe. L'idea di «Moneyball» è molto forte e non è semplicemente legata al mondo sportivo, ma va ad invadere la politica nel senso più ampio del termine, visto che dimostra come un sistema correttamente eseguito, e basato sulla buona armonia di un team, diventi migliore di qualsiasi singolo individuo che eccelle. Come dire che, spesso, chi lavora nelle retrovie e non molla consolida un modello sano di comunità ideale ed etica. Sarà proprio questo film di Miller, «L'arte di vincere/Moneyball», ad aprire il Torino Film Festival (25 novembre - 3 dicembre) diretto da Gianni Amelio e con una madrina d'eccezione come Laura Morante. Mentre i film italiani in gara saranno due: «I più grandi di tutti» di Carlo Virzì e «Ulidi piccola mia» di Mateo Zoni in un concorso dove sono rappresentati 12 Paesi su 16 film in concorso. Tra gli altri eventi di questa 29esima edizione, anche il Gran Premio Torino che quest'anno andrà ad Aki Kaurismaki, presente il 24 novembre nel capoluogo piemontese per presentare «Le Havre», già passato all'ultimo festival di Cannes. Atteso pure l'omaggio all'attrice italiana Dorian Gray, bionda e procace «malafemmina» per Totò e Peppino, ma anche nel cast de «Le notti di Cabiria» (1957) di Federico Fellini e ne «Il grido» (1957) di Michelangelo Antonioni. Un'artista che si è tolta la vita il 16 febbraio di quest'anno sparandosi un colpo di pistola nella sua villa di Torcegno, in Trentino. Tra gli altri film italiani nelle varie sezioni del festival, «L'era legale» di Enrico Caria, un mockumentary su Napoli con interviste a personaggi famosi da Arbore a De Cataldo, da Isabella Rosselini a Tano Grasso e «Il giorno in piu» di Massimo Venier.