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E il democratico Carofiglio continua a scrivere romanzi

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Sonoi puntelli a cui si aggrappa la routine di Roberto, i rassicuranti appuntamenti dallo psichiatra che scandiscono la trama de Il silenzio dell'onda (Rizzoli), l'ultimo parto narrativo del magistrato e senatore Pd Gianrico Carofiglio, il quale come secondo mestiere fa lo scrittore di bestseller (con un ritmo quasi forsennato, mediamente uno all'anno). Il suo simpatico avvocato Guerrieri stavolta viene lasciato da parte (anche se gli affezionati potranno vederlo presto debuttare al cinema) per riprendere i binari del romanzo psicologico già sperimentati con Il passato è una terra straniera. Materia d'ispezione sono in questo caso gli avvitamenti mentali di un maresciallo quarantasettenne in congedo che, due volte la settimana, percorre a piedi il tragitto verso lo studio del suo psichiatra. Alle sue spalle ha un passato turbolento da agente sotto copertura, vivendo all'estero infiltrato tra narcotrafficanti. Roberto è perfetto. Finché non gli crollano i nervi. Esaurito da una vita scollata dalla realtà, oltretutto corredata da una batosta sentimentale con la figlia di un boss, arriva a infilarsi una pistola in bocca. Viene però salvato in corner dall'intervento fortuito di un collega. Così si ritrova senza lavoro e con una psiche sbrindellata. E poiché nei momenti di precarietà mentale ci vuole disciplina, molte pagine del libro sono infarcite dei mille escamotage, scadenze, rituali, che per l'ex carabiniere sono funzionali a contenere il suo “horror vacui” esistenziale effetto del suo vivere in apnea. È come se Roberto fosse sommerso da un'onda, metafora ricorrente del romanzo. L'onda è il suo passato che potrebbe sovrastarlo. Domina i suoi flussi di coscienza con lunghissime passeggiate tra i quartieri di Roma, che non a caso Freud usava definire la città dell'inconscio. E in questa chiave di lettura acquatico-onirica s'inserisce a pennello una vicenda parellela, quella di un undicenne, Giacomo, che principalmente sogna. E sognando, incontra il papà che non c'è più, e un cane-angelo custode. Per entrambi la vita scorre apatica, se non fosse per il “coup de théâtre” del gentil sesso che interviene a ridestarli. Roberto incontra un'ex attrice di spot anche lei paziente psichiatrica. Lo scuote dalla letargia, gli fa recuperare energie e passioni sopite. Il ragazzo s'innamora di una compagna di classe, riuscendo anche a tirarla fuori da una brutta vicenda, complice un provvidenziale intreccio con la storia del carabiniere. Il finale arriva prevedibile, ma armonico. Le correnti restano forti, gli animi dei personaggi acciaccati, in compenso si torna a cavalcare. Così è l'onda. Nell'attimo in cui ti porta, senti di “fare parte”. Ma se non la sai prendere, ti fai male.

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