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Cartier-Bresson? Preferiva disegnare

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Inedito Il grande fotografo usava bene la matita In mostra a Teramo schizzi del suo grand tour

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Undisegno trasmette la luce del cuore. «Fin da bambino ero talmente appassionato alla pittura che aspettavo i giorni liberi dalla scuola, il giovedì e la domenica, per dipingere, gli altri giorni sognavo di poterlo fare». Henri Cartier-Bresson scriveva queste parole nella prefazione della raccolta "Images à la sauvette". Chi ha sentito parlare di lui come fotografo rimarrà affascinato anche dai suoi disegni. Sono trenta quelli in esposizione a Teramo fino al 27 novembre nel Laboratorio per le arti contemporanee L'Arca. La mostra «La tentazione del disegno», prodotta con la storica Accademia Raffaello di Urbino, in collaborazione con la Fondazione Cartier-Bresson di Parigi, inaugurata venerdì scorso, presenta una selezione molto rara di disegni che hanno per soggetti luoghi e paesi dell'Italia e copie di opere di antichi maestri. Opere su carta di Cartier-Bresson a cui si aggiunge un inedito gruppo di foto familiari che lo vedono ritratto negli anni dell'infanzia, della prima giovinezza, proponendo per l'occasione e per la curatela scientifica di Luca Cesari, Bertrand Marret e Umberto Palestini, un catalogo con tutte le opere presenti in mostra, sia edite che inedite, accompagnate da testi critici dei curatori e da un intervento del poeta Yves Bonnefoy. Catalogo che viene dato in omaggio ai visitatori. Una scoperta, dicevamo, per molti visitatori, la personalità creativa di Henri Cartier-Bresson, massimo fotografo del Novecento, espressa attraverso i segni della grafite sulla carta. Una dedizione intensa che svela un altro modo di catturare le immagini, di farle proprie ed offrirle al grande pubblico. Un linguaggio, quello del disegno, diverso dall'impressione su una pellicola. Una passione che Cartier-Bresson ha sviluppato soprattutto nell'ultima parte della sua vita. Teramo offre un allestimento minimalista, pulito. Il curatore, Umberto Palestini, ha voluto creare tre ambienti semplici, dove il bianco mette in risalto il tratto della matita. Italia ma non solo. La mostra tematica si incentra su disegni di paesaggio, città e d'après da pittori italiani e francesi. È il poeta Yves Bonnefoy a tracciare, con un suo intervento nel catalogo, la figura di Cartier-Bresson disegnatore. «Generoso lo era anima e corpo, lo era fino alla punta delle dita che reggevano la matita. E questa generosità era accompagnata da quel tipo di allegria che illumina dall'interno coloro i quali sanno amare o affezionarsi. Cosa che fa di lui un disegnatore di gran classe». Gli occhi che guardano intorno, che riproducono ciò che vedono cercando di trasmettere in quei segni un messaggio, capace di illuminare e di evocare sentimenti e passioni. Seguage di un monaco zen applicava questa filosofia alle sue opere: «Non riesco a disegnare senza una tensione "voluta" - diceva - che trasforma visibilmente ciò che prima avevo creduto di percepire. L'artista avanza, va indietro, si piega, stringe gli occhi, si comporta come se tutte le parti del suo corpo fossero accessori dell'occhio, come fa l'arciere zen». E quel tratto, a volte leggero, a volte rude che traspare dai disegni sta a significare tutto ciò. Una visione del passato, una visione del mondo che sicuramente intriga, che richiama a quel bianco e nero di chi lo ha conosciuto, apprezzato e amato nelle foto. Ma questo è il primo amore, quello fanciullesco.

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