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Quando il viaggio è salvezza e la passione diventa morte

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Lapassione ti riempie i giorni, la passione ti dà entusiasmo e linfa vitale, la passione può farti morire. Anche per una «giornalista nell'anima», una professionista che aveva la curiosità di vedere i Paesi nella loro complessità, di denunciare e soffrire per le loro tragedie, una giornalista alla quale Milano stava «stretta», che mal sopportava la vita di redazione convinta com'era che «l'informazione è un'arma contro la guerra» e bisognava andare a vederla per raccontarla... Nessuna celebrazione e neanche un resoconto di quanto fatto o detto da una professionista, ma piuttosto un insieme di testimonianze, lettere, scritti e riflessioni ancora vive, mai pubblicate prima, di Maria Grazia Cutuli, inviata del Corriere della Sera, uccisa a 39 anni, in Afghanistan nel 2001, lungo la strada che da Jalalabad porta a Kabul. La capitale afghana era stata liberata da pochi giorni dai talebani e Maria Grazia era su una jeep per raggiungerla e raccontarla ai lettori del suo giornale. Con lei morirono Julio Fuentes, inviato de «El Mundo», l'australiano Harry Burton e l'afghano Azizullah Haidari, entrambi corrispondenti dell'agenzia Reuters. A dieci anni dalla sua morte esce «Maria Grazia Cutuli» per i tipi «le farfalle» di Ali&no Editrice (pag. 101) di Cristiana Pumpo, giornalista nella redazione centrale dell'Ufficio stampa di Roma Capitale, che da qualche anno si dedica all'approfondimento delle tematiche legate al viaggio. Perché per la Cutuli il viaggio era salvezza. Viveva viaggiando e viaggiava per vivere, perché tanta era la sua inquietudine ma altrettanta la determinazione, enorme la curiosità e uguale il rigore con cui si metteva contro la mentalità corrente, perché per lei la vita era rispondere a quello che aveva nel cuore, cioè «andare». Come scrive nella prefazione Carlo Bonini, inviato di Repubblica e amico di Maria Grazia, «il giornalismo c'entra, certo. Ma non spiega tutto. È un indizio. Il sintomo di una irrequietezza. Della fame di vivere dentro le cose. Lì dove le cose accadono. Di una ricerca di empatia con altri mondi, altri esseri umani. Possibilmente diversi, diversissimi, da sé. Da condividere». Proprio questo vuole essere il libro di Cristiana Pumpo, una condivisione di ricordi, testimonianze ed esperienze di chi ha amato, accompagnato, lavorato con la testarda giornalista siciliana. «Collaborare con l'autrice a questo libro è stato un viaggio anche per me - ammette Donata, la sorella di Maria Grazia - un viaggio nei suoi archivi di lavoro, nei suoi diari, nei suoi taccuini, nei suoi ricordi più cari. Un viaggio per me non facile perché ho dovuto frugare nella mia memoria oltre che nei materiali di Maria Grazia, decifrare la sua grafia illegibile, contattare le persone che le erano state vicine e che potessero dare un contributo, un ricordo, che volessero condividere le loro storie personali con Maria Grazia». Una storia di lavoro l'ha vissuta anche Feruccio De Bortoli, il «suo» direttore che così la ricorda: «Coraggiosa, con una straordinaria forza d'animo, non aveva timori, animata da una grande voglia di capire e sorretta da una fiducia verso il prossimo persino eccessiva». Era proprio il prossimo, oltre che i luoghi, che interessava la giornalista che, dopo aver collaborato ad alcuni femminili, aveva iniziato con il settimanale «Epoca» a realizzare reportages da Bosnia, Congo, Sierra Leone, Cambogia. Poi il corso di peacekeeping dell'Onu che la portò in Ruanda come volontaria dell'Alto Commissariato per i rifugiati. «Cari lettori di Epoca vi saluto perché devo andare in Ruanda». Così scrisse la Cutuli prima di partire per il secondo «luogo» della sua vita, il Paese del conflitto tra Hutu e Tutsi, del devastante genocidio che lei voleva vedere più a fondo, superando la schizofrenia del cronista spettatore ed emozionandosi di fronte alla tragedia. Certo che dopo carta e penna le serviranno per raccontare il dramma dei bambini, vittime e carnefici, del mattatoio Ruanda. E poi l'Afghanistan, il primo luogo della sua vita, quel Paese in cui voleva andare, «entrarci dentro» guardare negli occhi le donne e i bambini, i più deboli e i più penalizzati dal conflitto... Un Afghanistan dove, come scrissero gli amici più cari dopo quel 19 novembre 2001 «se avesse potuto scegliere un posto in cui morire, avrebbe scelto proprio l'Afghanistan». Per chi fa questo mestiere e vorrebbe continuare a farlo con un pizzico di romanticismo e un sacco di passione, l'informazione è e resta un'arma invincibile, e niente e nessuno può zittirti, fermarti neanche quando senti «il freddo nell'anima», o quando pensi di intraprendere un altro viaggio, quello verso una vita fatta di stabilità, piccole quotidianità e grandi amori, quando cominci a sentire di aver bisogno di guardare «una» persona negli occhi e riconoscerti, ritrovarti... La storia della Cutuli ci insegna anche questo e, come scrive Bonini «Maria Grazia non è mai morta, perché non è mai diventata un ricordo, perché è stata al mondo il tempo necessario a prendersi per sempre un pezzo di chi ha diviso con lei il giorno e la notte». «Maria Grazia Cutuli» di Cristiana Pumpo è la quarta «farfalla» di Ali&no editrice, collana interamente dedicata alla scrittura di viaggio al femminile diretta dalla scrittrice Clara Sereni. I diritti d'autore del libro saranno devoluti a «La Casa del Sole», una struttura vicino Perugia che ospita ragazzi con problemi di grave disabilità fisica e cerebrale. Oltre che in libreria «Maria Grazia Cutuli» si può acquistare sul

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