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Il nuovo lusso ha un gusto country

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Il vero status symbol è la «magione» di campagna Chi ha davvero stile conduce una vita tranquilla

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LucyWorsley, curatrice della fondazione Historic Royal Palaces e autrice del delizioso volume «If Walls Could Talk: An Intimate History of the Home» trae spunto da «The Gentry: Stories of the English» di Adam Nicolson, per delineare dalle colonne del Financial Times il delicato rapporto fra i bisogni di sicurezza della società e la situazione economica internazionale. Il caos economico che governa il mondo ci rende inclini a ricercare sicurezza: tutti vogliono pensare a qualcosa di confortante, rassicurante e nostalgico. Questo, secondo Worsley, spiega lo straordinario successo di una serie televisiva inglese, "Downton Abbey", argutamente rinominata "Downturn (recessione) Abbey", la casa di campagna dove i drammi e le gioie dei proprietari e del personale di servizio si intrecciano con raffinata attenzione. Sulla stessa scia "The Gentry: stories of the English": storia di una nobiltà tipicamente inglese tenacemente legata alle tradizioni e alla terra, al piacere della bellezza, alla cura dei giardini. C'è una sorta di sontuosità estetica, temperata dal rigore economico e dall'irrinunciabilità alla rispettabilità. Quello che appare assai interessante non è la celebrazione di un mondo benestante, ma bensì il ritratto a volte tagliente di piccole manie come, ad esempio, la voglia di record per tutto: per la genealogia, per i propri possedimenti, per piccole sfide quotidiane. Manie che avvicinano questo mondo alla normalità, che rendono possibile un senso di riconoscibilità nel lettore di oggi. Per la stessa ragione, in tutto il mondo, fanno fortuna i marchi che non rappresentano semplicemente oggetti ma raccontano stili di vita. Lo racconta Tod's che, nelle sue pubblicità, veste giovani signore e giovanotti con due cognomi e li fotografa in case di campagna. Tommy Hilfiger che si promuove attraverso un divertente e raffinato pic nic con nonni, ragazzi e cane. Hermès che, con le sue selle raffinate, concede il sogno di una scuderia. Lo conferma la recente pubblicità di Mercedes che nega le mode (sushi, brunch...) per rappresentare questa nuova idea di rassicurante chiccheria. Il lusso, oggi, vende l'illusione di entrare a far parte di un mondo con attitudine aristocratica, rilassato, libero dal bisogno di apparenza e da smanie sociali. Storicamente, il consumatore del lusso era rappresentato dalla clientela dei ricchi (una certa parte di europei e americani ora superati da russi, arabi, indiani, cinesi), che vivono nella cultura del lusso, con una tradizione legata alla classe. Più recentemente, si è aggiunta una seconda categoria di consumatore del lusso, composita e in continua evoluzione, che recluta i propri membri nel ceto medio-alto di tutti i paesi del mondo. Cercano di somigliare ai primi in piccole dosi e, al contrario dei primi che sono fedeli ai fornitori scelti, sono più volubili e perciò diventano prede facili della promozione. Le grandi marche sanno bene come, in questo settore, l'offerta generi gran parte della domanda: prova ne è che la componente pubblicitaria e promozionale supera sia il costo della materia prima, sia quello della lavorazione.Da qui la scelta dei messaggi e, ora, la nuova rappresentazione "country": la sempre più diffusa sensibilità verso i temi ecologici e la denuncia verso gli sprechi di un'industria che impone consumismo, ha indotto a creare immagini che giustifichino e diano uno senso al nuovo rapporto con il lusso. Thierry Paquot, filosofo e professore universitario, nel suo "Elogio del lusso" definisce con tre parole la nuova frontiera del lusso: tempo, spaziosità, silenzio. Nella sua analisi azzarda la fine del concetto di lusso basato sul denaro e propone una nuova filosofia del lusso intesa come libertà di scelta. Ma, avverte, la distribuzione sempre più capillare dei beni di consumo permette a qualsiasi cosa di arrivare a chiunque. Accanto al lusso delle scelte di vita, si colloca dunque anche un nuovo lusso di massa, una sorta di contradditoria esclusività per tutti. Che porta a una altrettanto contradditoria conseguenza: la spasmodica voglia - propria degli ultimi anni - di possedere qualsiasi cosa, ha fatto sì che nulla avesse un senso per sè, ma solo per quello che riusciva a rappresentare. In altre parole l'immateriale vale più del materiale. E, per questo, le pagine o le immagini di mondi desiderabili, come le raffinate storie delle campagne inglesi, si trasformano in rifugi raggiungibili. Da chiunque e da ovunque le si osservi.

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