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I segreti di Califano dagli anni in carcere alla Dolce vita

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FrancoCalifano ha attraversato tutto questo tra alti e bassi, premi e punizioni. Senza mai perdere il rigore della poesia, l'onestà intellettuale che distingue solo i grandi artisti. Ha provato a raccontare la sua vita di playboy ed eccessi Stefano Veneruso, regista di «Noi di settembre», il documentario presentato al Festival del film di Roma. Ed è proprio da settembre che parte la riflessionedel Maestro: «Noi di settembre siamo diversi, siamo un po' strani - ha detto Califano prima della proiezione - Siamo stati concepiti durante le feste di Natale e Capodanno, da gente un po' ubriaca, con le noccioline in bocca». Poi guardando più in là in platea ha visto Pippo Baudo seduto nelle prime file e non si è trattenuto: «Sono felicissimo che ci sia Pippo qui stasera. Ora speriamo che non si annoi. Però devo essere sincero: se dovessi guardare Pippo da solo per un'ora e mezza io mi annoierei eccome». La risata della sala è fragorosa, ma è soltanto la prima di una lunga serie di ovazioni che saluteranno le battute del Califfo durante tutta la proiezione. Come quando racconta dal grande schermo l'educazione «sentimentale» dei suoi merli indiani. «Ripetono tutto - dice sornione - Prima gli ho insegnato a ridere ma facevano troppo casino a casa. Allora gli ho insegnato a dire "Tutti froci tutti stronzi" e quelli che entrano a casa mia vengono accolti così. Tutti indistintamente. Magari a qualcuno dà fastidio ma non potevo certo insegnargli a pregare. Non sarebbe stato divertente». Il tono del documentario diventa più serio quando il cantautore racconta gli anni del carcere. «Sono stato dentro tre anni e mezzo - dice con la sofferenza ancora dipinta sul volto - senza aver commesso nulla. Tanto che sono stato assolto tutte e due le volte. Mi hanno accusato di essere uno spacciatore di droga internazionale ma sono stato incastrato con un giro di falsi testimoni. Evidentemente ho solo preso il posto lasciato libero da Enzo Tortora». E ne ha per tutti. Anche per chi oggi siede in Parlamento. «Sono tutti traditori, tutti spioni. Non mi piace il clima di questi anni. E non sopporto neppure quelli come Saviano o Travaglio che arrivano e vogliono sconvolgere tutto». Tra il ricordo del padre e del fratello morti prematuramente a 40 anni, il Califfo fa ascoltare tanta musica, tante canzoni che hanno fatto la storia: «La musica è finita» scritta per Ornella Vanoni, «E la chiamano estate» e «Minuetto», un vestito cucito addosso a Mia Martini. Vera commozione quando rende omaggio a Pier Paolo Pasolini. Sullo schermo scorrono le immagini del poeta sulle dune di Castel Porziano. In sottofondo la voce di Califano (nella foto Sirolesi) che canta «Pier Paolo» e di lui dice: «Era un poeta vero, non un cialtrone». La verità è ciò che ha sempre inseguito il Maestro. A costo di essere impopolare. Rischiando sulla propria pelle. Come racconta in «Avventura con un travestito». Franco Califano continua a stupirci tutti, aspettando di pagare fino all'ultimo centesimo il suo conto con la vita.

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