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di Nicola Bultrini Il 4 novembre 1918 terminava per l'Italia la prima guerra mondiale.

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Fuuna guerra di posizione, disegnata linearmente in una lunghissima trincea. Il fronte infatti percorreva ininterrottamente una distanza di ben 640 chilometri, andando dallo Stelvio fino a Trieste, al mare. Cessato il tuono delle artiglierie e degli assalti, sui monti e le pianure del nord Italia è tornata la pace e la natura a splendere nella sua magnificenza. Ma oggi, dopo quasi cento anni, cosa rimane a testimoniare la terribile esperienza della Grande Guerra? Ebbene le trincee sono ancora lì, apparentemente mute, eppure solennemente riecheggianti l'esperienza di più di cinque milioni di Italiani che le hanno vissute e sofferte per più di tre anni e mezzo. I siti oggi sono accessibili a tutti anche per visitare i luoghi di eventi che hanno tanto inciso nella storia del nostro Paese. In anni recenti sono state realizzate preziose opere di ripristino ad opera delle amministrazioni locali e di associazioni di studiosi e di volontari, che hanno riportato alla luce le trincee, i ricoveri, i resti dei baraccamenti. Proviamo allora a tracciare un itinerario turistico didattico, visitando i siti principali, fin d'ora avvertendo che si tratta di una semplificazione, in quanto la geografia è ricchissima di testimonianze storiche. Iniziamo dal fronte del Carso, che va più o meno da Gorizia a Trieste, dove, nel maggio del '15, il Generale Cadorna sferrò l'attacco all'impero austroungarico e che fu teatro delle più grandi battaglie della guerra. A Redipuglia sorge l'imponente Sacrario, ad est del quale si eleva il Monte Sei Busi. Qui si può visitare la Dolina dei Cinquecento, immediata retrovia che ospitava un posto di primo soccorso. Poco più avanti si snoda l'imponente Trincerone Mazzoldi, teatro di interessanti rievocazioni storiche, in cui gruppi di figuranti in divisa d'epoca degli opposti schieramenti, ambientano la vita nelle trincee, accompagnati dai commenti di esperti storici locali. Non distante è Monfalcone, in cui si trova un parco tematico dove sono state ripristinate numerose e lunghissime trincee. Si può poi salire sul Monte San Michele, che rappresentava il bastione di resistenza dell'esercito austroungarico. Attraversato l'abitato di San Martino del Carso, titolo della famosa poesia di Giuseppe Ungaretti, in quota si possono percorrere le trincee di Cima 4, in cui il poeta visse e scrisse i suoi versi. Più in basso si trova la Trincea delle Frasche, conquistata con enormi sacrifici dalla Brigata Sassari. Il castello di Gorizia ospita un interessante museo della guerra, mentre dirigendosi oltre la città, si entra in Slovenia e si raggiunge l'abitato di Kobarid, ovvero Caporetto. Anche qui sono state ripristinate le trincee della prima linea italiana e quelle da cui mosse l'attacco il giovane e già promettente, tenente Rommel. La guerra cominciò contemporaneamente sul versante delle Alpi per conquistare le alture sui passi di confine. Qui ebbe luogo la cosiddetta guerra bianca, combattuta a quote altissime e in cui i soldati degli opposti eserciti si trovavano a combattere in condizioni estreme. Tra l'Ortles e l'Adamello si trovano ancora moltissimi resti di trincee. Facilmente visitabili quelle attorno al Rifugio Bozzi, raggiungibili dal pittoresco borgo Case di Viso poco distante da Ponte di Legno. Il fronte dolomitico ospita un vero e proprio museo all'aperto, dalle trincee sul ghiacciaio della Marmolada (sotto cui si trova il museo di Passo Fedaia), fino al Lagazuoi che fu teatro della terribile guerra di mine. Qui per conquistare le postazioni nemiche in quota si fecero esplodere le vette cambiando radicalmente la morfologia delle montagne. Muniti di torcia e con la dovuta prudenza, si possono visitare le incredibili gallerie italiane, scavate nel massiccio di roccia che domina il Passo Falzarego. Poco distante il complesso delle Cinque Torri, dove sono stati riambientati baraccamenti e posti di artiglieria. Né si trascuri il forte austriaco Tre Sassi, che grazie alla famiglia Lacedelli, ospita il Museo della guerra di Cortina. Poco oltre, verso il Monte Cristallo, si erge il Monte Piana. Qui sono visitabili le trincee italiane e austriache e si può avere un formidabile colpo d'occhio su un campo di battaglia della guerra. Nel mezzo la terra di nessuno, ancora butterata dai crateri delle cannonate, mentre le trincee presentano ancora scudi sui parapetti e suggestivi tratti di filo spinato. Nel 1916 la guerra si impose anche sull'altipiano di Asiago. Tra i numerosissimi siti, è facilmente visitabile il Monte Zebio, dove si incontrano le retrovie e le prime linee austriache, anche queste teatro di efficaci rievocazioni storiche. Né si dimentichi l'Ortigara, dove ebbe luogo la nota terribile battaglia e in cui sono ben visibili le postazioni degli opposti eserciti. Il Monte Cengio, oltre che per le gallerie italiane, è noto per lo sperone che domina la Valsugana, detto Salto del Granatiere. Qui la storia vuole che i soldati italiani, ormai allo stremo, nel gesto estremo di resistenza, si lanciarono nel vuoto avvinghiati al nemico. Tutto il fronte è disseminato di solenni ossari, tra cui quello del Monte Grappa, anche questo circondato da reticoli di trincee facilmente individuabili su tutto il massiccio montuoso che sovrasta la pianura veneta. Tra i musei della guerra, che sorgono un po' ovunque lungo la linea del fronte, il più celebre e ricco è senz'altro quello ospitato nel castello di Rovereto, spesso anche promotore di iniziative di studi e ricerche. Nell'ultimo anno di guerra il fronte principale era quello del Piave. Le amministrazioni locali hanno realizzato un itinerario (indicato da cartelli stradali) tra i luoghi principali dello scontro, fino a Vittorio Veneto, città simbolo della vittoria finale e nel cui centro si trova il museo della battaglia. Dopo la guerra le zone del fronte erano letteralmente desertificate per via dei durissimi combattimenti. Le popolazioni locali, mosse dalle speranze di magri guadagni, svolsero affianco all'esercito, una preziosa opera di bonifica del territorio, recuperando un'enorme mole di materiali bellici. Ed oggi, passeggiando per i luoghi del fronte non sarà difficile trovare in terra schegge, bossoli, reperti della guerra. I campi di battaglia infatti restituiscono ancora una gran quantità di cimeli e il loro recupero contribuisce a ricostruire quella galassia di materiali che ha fatto da filigrana imprescindibile alla vicenda umana del conflitto.

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