Scemi ma simpatici Ecco gli eroi comunisti-vintage
Appuntamentoalle 23 alla Sala Petrassi per «I primi della lista», film di esordio di Roan Johnson. Sulla scalinata per entrare alla proiezione si sono messi in fila, fin dalle 22,30, loschi figuri: ragazzi con barba stile Bakunin e eskimo (giubbotto verde con l'interno di pelliccia tipo carogna di cane al quale Guccini dedicò anche una canzone), c'erano poi ragazze con i capelli unti, strani personaggi con maglioni slabbrati, troppo piccoli o troppo grandi, camicie a quadrettoni sfilacciate e Clarks sudicie ai piedi. Se non fosse stato per tablet e telefonini touch screen, sarebbe sembrato l'incontro di un collettivo studentesco degli anni Settanta. Comunque (per fortuna) l'odore non era quello di sudore e fritto dei collettivi, anzi, aleggiava un buon aroma di Acqua di Giò. E si vedeva che gli abiti non erano veramente vecchi e lisi, ma vintage. «I primi della lista», ambientato nel 1970, racconta la vera storia di tre studenti (ripetenti) di Lotta Continua a Pisa. Pino Masi (interpretato da Claudio Santamaria), ossessionato dall'idea di essere perseguitato da fantomatici «fascisti» e «militari golpisti», è un cantautore (ha scritto l'inno di Lotta Continua). Renzo Lulli (Francesco Turbanti) e Fabio Gismondi (Paolo Cioni) sono suoi amici. Il Masi coinvolge gli altri nel suo delirio: è imminente un colpo di Stato, come in Grecia. E loro tre, che sono «schierati», sono i «primi della lista» per essere eliminati, senza processo e senza sentenza. L'agitazione diventa panico quando attorno a Pisa si raggruppano alcuni mezzi militari diretti a Roma per la parata del due giugno. I tre ormai sono certi: è scattato il golpe: bisogna scappare. Si imbarcano in una surreale fuga con un'Autobianchi A 112 rossa verso il confine. Penseranno di rifugiarsi in Jugoslavia. Poi, per fortuna, visto che sono scemi, ma non pazzi (ai tempi c'era Tito, che gli italiani li sbatteva in miniera), optano per l'Austria, dove chiedono lo stato di «rifugiati politici». Tutto vero, tutto realmente accaduto. I tre saranno presi in giro per il resto della vita. Ma nella sala del Festival piena di comunisti-vintage sembrano eroi. Claudio Santamaria, accolto da un applauso scrosciante, si presenta in sala con una buona mezz'ora di ritardo. Dopo la proiezione del film, accolto con molte risate e applausi a scena aperta, ringrazia il pubblico e, con gli altri due attori, imbraccia la chitarra e suona: «La ballata del Pinelli» e «Quello che non ho». Sembra veramente un collettivo degli anni Settanta. Ma qualcuno glielo ha detto che il Muro è caduto? In sala ci sono i veri Gismondi e Masi, che salutano. Tanti applausi anche per loro. Il regista Johnson (nonostante il nome straniero) è un 36enne toscano, che ha partecipato al movimento studentesco della «Pantera» e non si stufa di protestare, non si sa bene contro cosa. Il film è prodotto dalla Palomar di Carlo Degli Esposti (ex Lotta Continua, e come ti sbagli?), Urania Pictures e Rai Cinema. Sarà nelle sale dall'11 novembre, distribuito da Cinecittà Luce. Andatelo a vedere: è un film divertentissimo e ben recitato. Poi fa capire perché oggi ci ritroviamo i problemi che ci ritroviamo. Che probabilmente non risolveremo mai.