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Gerini diretta da Spada «Sono una manager sconfitta dall'amore»

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Dallacommedia in 3D di Brizzi ai set di Soldini e Zampaglione (del cui giallo è anche produttrice), dalle riprese appena terminate con Vincent Gallo su «La leggenda di Kaspar Hauser» fino ai ciak in Sudafrica per «Labyrinth», film tv tratto dal best seller di Kate Moss, prodotto da Ridley Scott e diretto da Christopher Smith, dove interpreta una cinica business woman senza scrupoli. Ed infine (prima di volare di nuovo a Città del Capo) gli applausi - ieri - sul red carpet del Festival di Roma per il suo esordio drammatico da protagonista nella prima pellicola italiana presentata in concorso alla kermesse capitolina. Gerini, che tipo di donna interpreta ne «Il mio domani» di Marina Spada? «Dopo lo stop imposto dalla gravidanza del secondo figlio, desideravo tantissimo interpretare questa donna con i suoi dolori e le sue speranze, una donna coraggiosa che fa scelte forti, finalmente un ruolo drammatico da protagonista in un film d'autore. Interpreto una donna stravolta più dalla repressione che dalla sofferenza». Eppure il suo personaggio sembra una donna realizzata che lavora in una società di formazione dell'hinterland milanese... «Sì, ma in realtà ha un enorme vuoto affettivo e un passato familiare che la rende algida: ha un mutismo raggelato, esprime dolore solo con il volto e per me rappresenta una vera svolta come attrice, è un ruolo arrivato al momento giusto». Come è stato lavorare sul set con Marina Spada? «Ho partecipato a tutti i passaggi di creazione del film, in un continuo scambio di consigli con la regista che ha cucito addosso a me questo personaggio. Le ho dato pareri sulla sceneggiatura, sul carattere della mia protagonista e Marina mi ha chiesto persino pareri sulle inquadrature. Ho imparato moltissimo». Accanto a lei ci sono attori molto bravi, che le fanno quasi da cornice. «Sì, come come Paolo Pierobon, Claudia Coli, Lino Guanciale e Raffaele Pisu. Però io posso dire di avere avuto tutta la storia a disposizione affinché si evolvesse la vita di Monica, il mio personaggio, che Crede di aver trovato un equilibrio nel lavoro e nella relazione con il suo capo, che non la obbliga a impegni pressanti. Ha cercato un riscatto dalla condizione familiare, studiando e allontanandosi dal paese della Bassa padana, dov'è nata. Invece si ritrova senza punti di riferimento e deve fare i conti con se stessa». Le lezioni di Monica sono momenti di formazione, ma anche di mistificazione: così il personaggio giustifica le scelte delle aziende, a volte poco etiche? «Monica è introversa, rigorosa, asciutta, con una sofferenza sottesa e una vita sentimentale arida: vorrebbe liberarsi del passato e perdonare la madre. Questa manager, figlia e mamma potenziale segna il mio momento di svolta nella recitazione cinematografica». È cambiato il suo modo di recitare sotto la guida di una donna regista? «Non credo ci sia una sensibilità femminile nel girare, ma c'è un'intesa diversa. Siamo custodi di tanti segreti che un uomo non conoscerà mai, non perché glielo vietiamo, ma perché certe magie le sanno fare solo le donne».

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