Odalische e beduini Così l'Italia sognava
Viemergeva anche la tendenza romantica a vedere nel mondo esotico un ambiente libero dalle convenzioni borghesi occidentali. Era la moda dell'Orientalismo, diventato in breve genere artistico richiestissimo dai committenti che vi cercavano anche una vena di raffinato erotismo. Lo si vede bene nella mostra appena aperta nel Chiostro del Bramante, intitolata «Gli Orientalisti. Incanti e scoperte nella pittura dell'Ottocento italiano» e curata da Emanuela Angiuli ed Anna Villari. Quattro le sezioni: Al di là dell'Adriatico, Paesaggi, Le città e gli incontri, Sognando le odalische. Le 80 opere esposte fino al 22 gennaio sono un tripudio talvolta eccessivo di colori, di languide carni, di luoghi allora esotici, con un gusto per il pittoresco che rappresenta il sogno di ogni pittore dotato di grande tecnica. E la radice della moda orientalista che dilagò in tutta Europa va cercata negli esiti della campagna in Egitto condotta da Napoleone, fra il 1798 e il 1801, che portò al suo seguito un nutrito gruppo di chimici, fisici, naturalisti, architetti, ingegneri. I racconti di scienziati e faccendieri infiammarono l'immaginazione del Vecchio Continente, con esiti artistici strepitosi se si pensa a Ingres e Delacroix, ad esempio. Quest'ultimo, durante il suo viaggio del 1832 in Marocco ed Algeria, era convinto che i nordafricani, col modo di vestirsi e le abitudini, gli permettessero di vedere scene equivalenti a quelle che avrebbe visto nella Roma classica e nell'antica Grecia. Ad Algeri addirittura si organizzò in modo da riuscire a ritrarre in segreto alcune donne del posto. In Italia, in pieno Romanticismo, è il veneziano Francesco Hayez ad aprire la strada al gusto per l'Oriente ripercorrendo fra l'altro l'epopea dell'indipendenza greca dall'impero ottomano. In mostra è esposta una sua seducente Odalisca che sorprendentemente rende omaggio anche alla pittura di Raffaello. Come Hayez anche Domenico Morelli non andò mai in Oriente ma il suo Bagno turco e le Tentazioni di Sant'Antonio rappresentano alcune fra le prove più belle dell'Orientalismo per la fusione fra realismo ed artificio. Altri artisti furono invece grandi ed appassionati viaggiatori in Oriente. Ippolito Caffi, ad esempio, andò a Costantinopoli e dipinse il Bazar degli schiavi e la moschea di Santa Sofia, poi giunse in Egitto, quindi a Gerusalemme per ritrarre la città del Monte Uliveto. Stefano Ussi, che figura in mostra con il suo travolgente Beduini sui cammelli, lavorò su commissione del pascià d'Egitto in occasione dell'apertura del Canale di Suez e in Marocco realizzò le illustrazioni per il libro Marocco di Edmondo De Amicis. Roberto Guastalla si conquistò con i suoi lunghi viaggi l'appellativo di «pellegrino del sole» e fra il 1886 e il 1908 approdò ad Istanbul, Damasco, in Marocco, Tunisia e Numidia. Nel suo ultimo viaggio lungo il Mediterraneo, oltre ai pennelli e ai colori, portò anche la macchina fotografica. Gran viaggiatore fu pure Cesare Biseo, che in Egitto su invito del vicerè affrescò il Palazzo del Governo ad Alessandria per poi attraversare in lungo e largo Asia ed Africa. Positiva sorpresa della mostra è il pugliese Francesco Paolo Netti, le cui opere di gusto orientalista nascono dopo un soggiorno in Turchia del 1884, sullo yacht del mecenate Francesco Caravita, principe di Sirignano. Al suo ritorno in Italia l'artista dipinse scene raffinate ed intimiste come Le ricamatrici levantine e Nell'harem.