Ma perché la gita scolastica non si fa mai alla Scala?
Ora,nella ascesa all'Empireo, il poeta è avvolto da duplice armonia: luce e musica. Onde di suggestioni sonore che creano un perfetto intimo silenzio: un concerto che diventa rito nella assoluta ineffabilità. Se ne redono conto gli studenti? Forse una adeguata «immagine sonora» potrebbe venir loro - senza andare ad esplorare le contrade della musica sacra - da «Oceano di silenzio» di Battiato. Ebbene: c'è qualche insegnante che, per dare l'idea del «sublime», lo propone agli studenti? All'ultimo anno di liceo, l'Ottocento risorgimentale la fa un po' da padrone: ma non è fatto solo delle date delle battaglie, non è solo Cavour, Garibaldi, Mazzini, ma anche dalla trionfale musica verdiana, che nel coro del Nabucco esprime pene e attese, desideri e sogni: beh, questo benedetto coro vogliamo sentirlo con gli studenti magari portandoli anche in gita a vedere qualche tempio dell'opera lirica tricolore, com'è la Scala di Milano e il Regio di Parma? Ma che le facciamo a fare queste domande? La musica nelle medie superiori non esiste. Chissà poi perché, visto che nella scuola dell'obbligo non mancano i buoni insegnanti che si impegnano - con successo - a far scoprire ai loro alunni la bellezza della musica, magari partendo dalle canzonette, per poi aprire una finestra sulla musica popolare e infine proporre qualche brano d'opera. Che, a quanto sappiamo, viene seguito con strardinaria, quasi religiosa partecipazione, da bambini di otto-nove anni, spesso i più scatenati, che tacciono, ascoltando, che so, il coro muto della Butterfly o il Vincerò della Turandot. Decisamente c'è qualcosa che non va nella nostra scuola ed è inutile dare la colpa a Francesco De Sanctis, padre nobile di tutti i ministri della pubblica istruzione, secondo il quale la musica era roba per femminucce. Qualche stupidaggine tranchant possiamo permetterla all'autore della Storia della Letteratura Italiana e allo stesso Gentile che trascurò l'educazione musicale ma fece un fior di riforma; chi è venuto dopo, però, oltre ai mea culpa di rito, dovrebbe fare mente locale. Basti un'osservazione: nella cultura giovanile la musica è egemone ed è inutile mettersi a demonizzare gusti, mode, miti. Prendiamone atto invece e chiariamoci. Se è tanto importante per i ragazzi, perché non educare i loro orecchi e i loro spiriti? Partendo da ciò che sentono più vicino: il rock e il pop. Allora: perché i ragazzi non possono farne a meno? Cari prof, saranno solo canzonette, o magari musica che vi strapazza i timpani, ma se è cultura di una generazione, forse è bene mettersi in cerca delle «ragioni». Le emozioni hanno «ragione d'essere», no? Perché non provare? Mario Bernardi Guardi