di Nicola Bultrini Per diversi anni, durante il viaggio per le vacanze estive, mi sono fermato a salutare Andrea Zanzotto.
Zanzottoabitava in una villetta immersa nel verde alla periferia del centro abitato. È una zona molto tranquilla e silenziosa sul cui sfondo si aprono come grandioso sipario naturale, le prealpi venete. Fin dalla prima volta la quiete dei luoghi mi ha suggerito che in quell'ambiente tanto caro al poeta si traduce la sua cifra letteraria. Del resto l'ambiente domestico e il paesaggio sono matrici biografiche fondamentali per la sua poesia. Me lo disse lui stesso, in una delle interviste che mi concesse durante i nostri incontri. Io arrivavo sempre di mattina e ogni volta lo trovavo al tavolo o in poltrona, comunque circondato dai quotidiani del giorno. Benché amante di una certa laboriosa solitudine, Zanzotto infatti ha sempre mantenuto un contatto diretto con il mondo, animato dal sincero interesse per tutte le cose della vita; interesse che ha certamente contribuito ad arricchire in lui una cultura vastissima e multidisciplinare. Inevitabilmente la sua poesia è stata sempre permeata dalle vicende del mondo; così la storia non poteva non entrare nei versi da cui comunque veniva digerita e metabolizzata. Negli ultimi anni poi lo sguardo del poeta era particolarmente concentrato sulle tormentate vicende del nostro presente. Ma questa sua sincera attenzione era poi pretesto di una più vasta analisi della nostra società, la cui sorte si delineava nella catastrofe climatica e nella distruzione della cultura contadina, quindi della più autentica tradizione. Erano temi cui Zanzotto si dedicava tanto e ricordo bene il tono della sua voce quando ne parlava, sommesso eppure fermo e convinto, ma negli occhi sempre una rassicurante serenità. Perché Zanzotto sapeva bene, e ce lo ha insegnato, che nonostante tutto la natura (madre o matrigna che sia) conserva sempre qualcosa di bello, di sommessamente incantevole, ovvero in grado di produrre l'incanto dell'animo. Il poeta sapeva benissimo che la poesia nasce proprio per educare alla bellezza. La scorsa estate, alla soglia dei novant'anni, Zanzotto mi diceva di emozionarsi ancora davanti alla poesia, quando si incontra la poesia vera si riceve una sorpresa e il mondo prende un bagliore speciale. La poesia si fa quindi anche lode per la vita, anche quando le vicende dell'uomo sembrano dire il contrario. Il poeta allora, appena intravede una possibilità, deve mettere in luce nei suoi componimenti, tutto ciò che può offrire una spinta di speranza. Quello di Zanzotto è un percorso straordinario, in cui la poesia è sempre stata una profonda esperienza di conoscenza. Egli stesso si sentiva arricchito dalla sua scrittura consapevole che nella poesia c'è sempre una componente di innovazione e di sperimentazione. Ma la sua ricerca linguistica, passata anche attraverso il dialetto e l'indagine del linguaggio contemporaneo, non ha mai trascurato il silenzio, nobilitato come pausa e vissuto come intensa riflessione. Non più di una settimana fa Zanzotto ha compiuto 90 anni, solennemente festeggiato anche a livello istituzionale, con gli auguri ufficiali e affettuosi del Presidente Napolitano e il riconoscimento del "Leone del Veneto", la massima onorificenza della regione. Con la sua morte salutiamo uno degli ultimi grandi del Novecento che ci ha lasciato una straordinaria esperienza di vita e di poetica. Una monumentale produzione di scritti, una trentina di raccolte di versi, interventi critici, traduzioni e racconti. I suoi versi sono stati recentemente raccolti nell'Oscar Mondadori "Tutte le poesie" (2011), dal libro d'esordio del 1951 "Dietro il paesaggio", fino all'ultimo "Conglomerati" (2009) e un'Appendice con i versi giovanili (1938 -1942). Chi scrive non può che esprimere profonda gratitudine per la ricchissima e preziosa testimonianza che ci lascia Andrea Zanzotto, nel ricordo delle sue parole, vive ora più che mai nella sua poesia.