I coraggiosi italiani del lungo esodo
Un'occasioneperduta per quel che riguarda il recupero della storia patria e la ricostruzione di una memoria condivisa dagli eredi dei "vincitori" e da quelli dei "vinti", visto che il Risorgimento fu anche una "guerra civile". Ma un'altra cosa va detta, e cioè che pochi si sono ricordati dell'Italia che non c'è più, dell'Italia che non è più Italia, dell'Italia perduta. Degli italiani dell'Esodo. Quelli dell'Istria, della Dalmazia, di Fiume, visceralmente attaccati alle loro terre, ma costretti ad andarsene, per non essere spazzati via dalla "pulizia etnica" slava o obbligati a rinunciare alla loro identità. Perché, come è noto, nel caso peggiore c'erano le foibe; in quello migliore l'accettazione silenziosa delle nuove mappe geografiche disegnate dai vincitori. Il libro di Stefano Zecchi ("Quando ci batteva forte il cuore", Mondadori, pp.215, euro 18,50), vincitore dell'Acqui Storia, sezione romanzo storico, è prima di tutto un commosso omaggio ai nostri fratelli di quel "profondo Nord" che ci è stato strappato via, che ha bussato alle nostre porte e che spesso non è stato accolto con l'amore che avrebbe meritato. Perché il suo "cuore tricolore" (e qui davvero non c'è retorica) batteva forte ed era facile porgergli orecchio. In secondo luogo, quella di Zecchi è una intensa "cronaca familiare", ricostruita sequenza dopo sequenza. Si parte da Pola, prossima ad essere ceduta alla Jugoslavia. Ma alle "ragioni della Storia" si ribella Nives, maestra di scuola elementare, impegnata nella difesa dell'italianità delle sue terre. Una difesa appassionata, "militante", diremmo: Nives si impegna, promuove iniziative, non accetta gli inviti alla prudenza, ama la Patria - Pola e l'Italia - e sente che è suo dovere battersi fino in fondo. Ma è una donna, una moglie, una mamma: «Perché non te ne stai buona?», le dice il marito Flavio. Non ti accorgi che metti in pericolo la vita tua, la mia, quella di nostro figlio? Già, il piccolo Sergio, sei anni. Ma lui prova un'enorme ammirazione per quella mamma indomita. È lei, l'eroe, non il babbo che, tornato dalla guerra, vorrebbe starsene tranquillo, nell'attesa, chissà, che tutto possa comunque risolversi. E quel babbo prudente, dai toni sommessi e un po' grigi, a Sergio non piace. Da quando è tornato, nel '43, non è riuscito ad "accettarlo". Non era "completa" la famiglia, quando c'erano soltanto lui, Sergio, e la mamma? Quella bella mamma intrepida che lotta con tutte le sue forze contro l'arroganza e la violenza dei "predatori" slavi. Mentre il babbo se ne sta chiuso tra casa e bottega oppure se ne va a passeggio, quando, la sera, Nives accoglie a casa sua i concittadini per discutere sul da farsi di fronte al precipitare della situazione. Infatti, ormai le grandi decisioni sono state prese e sulla testa degli italiani: Pola sarà assegnata alla Jugoslavia. Nives non ci sta. E non ci può stare perché lei è l'Eroe: e l'Eroe, in ogni tragedia o mito che si rispetti, è "forte come la morte", anzi, di più. Così, il suo destino è segnato.Ora, Flavio ha un compito enorme davanti a sé. Deve andarsene da Pola, verso l'Italia, e portare in salvo quel bambino così "diffidente" nei suoi confronti. Lo farà, ed eroicamente. Affrontando difficoltà di ogni genere, pericoli, agguati, stanchezze, notti all'addiaccio, la fame e la sete, sempre terribili. Proteggendo il suo bambino, a costo di colpire e di uccidere chi lo minaccia. È un babbo esemplare, Sergio. Ma è anche una mamma che dà affetto e calore: la mamma che non c'è più. Ma prima "c'era" davvero? Non avrebbe dovuto pensare, come prima cosa, al suo bambino e poi ai grandi ideali della patria e dell'onore? Mentre il rapporto tra padre e figlio va ridefinendosi in uno straordinario "viaggio" di (reciproca) conoscenza e (reciproca) formazione, certe domande cominciano a farsi strada nella mente di Sergio, ed anche, inevitabilmente, nella nostra. Ed ogni risposta, lo sappiamo, non risolve gli interrogativi: resta aperta, problematica, discutibile come ogni scelta di vita "forte" che impegna noi stessi ma che, in qualche modo, "vincola" anche gli altri. Questa riflessione è il filo rosso che percorre la storia raccontata da Zecchi. Così italiana, così esemplarmente "universale", come ogni storia vera. E "cruciale" come le storie che raccontano tutto: la vita e la morte, l'amore e l'odio, le attese e gli affetti, le perdite e le conquiste. L'"io" e il "noi", sempre così dolorosamente complessi. Li scopriamo davvero - e Zecchi ce li rivela - quando ci batte forte il cuore, facendoci capire che siamo vivi e dobbiamo andare avanti, comunque. La giornata conclusiva del Premio sarà al teatro Ariston di Acqui Terme, sabato prossimo. Con Stefano Zecchi saranno premiati Andrea Vento (Sezione storico divulgativa, "In silenzio gioite e soffrite. Storia dei servizi segreti italiani dal Risorgimento alla guerra fredda", Il Saggiatore) e Roberto de Mattei ("Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta", Lindau). Premio Speciale per "La Storia in Tv" a Roberto Giacobbo ("Voyager"). Testimoni del Tempo 2011 Ezio Greggio, Ida Magli, Marcello Veneziani, Brunello Cucinelli. Premio Speciale Medaglia Presidenza della Repubblica ad Antonio Martino.