Sermonti, Tremonti e Virgilio patriottico
Nell'auladei Gruppi parlamentari, ricavata in via di Campo Marzio occupando un altro pezzo di città, i 150 anni dell'Unità d'Italia si festeggiavano con la voce calda e l'intelligenza interpretativa di Vittorio Sermonti, il divo che da anni nelle piazze del Bel Paese legge la Commedia, e poi l'Eneide, che per Rizzoli ha tradotto in italiano, versione che privilegia la bellezza alla fedeltà al testo. La traduzione risplende, per esempio, là dove la fama di peccaminosa insegue Didone. La maldicenza è «il più fulmineo di tutti i mali» scrive Virgilio. E Sermonti rilancia sferzando l'«attuale attenzione morbosa per il gossip». Peccato che non ce ne fossero tanti, di onorevoli deputati, a sentire questo signore che a 80 anni e passa legge per un'ora i fogli tratti da una 24 ore rossa e non prende una papera. È vero che l'evento è stato avviato dal presidente della Camera, Gianfranco Fini, accompagnato dalla compagna Elisabetta Tulliani. È anche vero che assiso sulle poltroncine di pelle celeste c'era Silvio Sircana con moglie e prole, oltre a parecchi giovani (figli e nipoti di onorevoli? Chissà, l'approccio con i classici è toccasana per tutti). Però, suvvia, quei versi del poeta di Mantova, che per tre volte ripete Italia allorché il profugo Enea scorge lo Stivale, insomma, quegli esametri patriottici, meritavano uditorio più istituzionale. C'era però Giuliano Amato, presidente del Comitato per il Centocinquantenario. È scivolato in un lapsus freudiano: «Ringrazio il maestro Tremonti», si è lasciato sfuggire intendendo Sermonti. Ma si è salvato in corner: «Farebbe la felicità di Giulio sentirsi chiamare maestro». Oggi replica con Dante, il 20 con «Traviata» di Verdi. Lidia Lombardi