di Carmine Mastroianni Ludwig è ormai un nome magico che evoca sensazioni e immagini tanto fiabesche quanto oscure.
Masu ogni altra cosa affascina la psicologia di Ludwig - imperscrutabile - celata dietro uno dei suoi aforismi più famosi: "Voglio rimanere un eterno enigma, per me e per gli altri". Il rampollo dei Wittelsbach era nato nel pieno del Romanticismo in una terra, la Baviera, opulenta e laboriosa, uno dei regni più potenti della Germania ridisegnata dal Congresso di Vienna. Il nonno Ludovico I aveva dovuto abdicare perché invaghitosi, a sessant'anni, della ventottenne ballerina irlandese Lola Montez; il padre, Massimiliano II, era morto prematuramente nel 1864 senza riuscire a preparare il giovane erede a sostenere il fardello del potere. Ludovico II si ritrovò, diciottenne, ad essere incoronato re, ad affrontare i difficili rivolgimenti politici che il Cancelliere prussiano Bismarck meditava sullo scacchiere europeo e infine a subire cocenti sconfitte e umilianti riconciliazioni nella Guerra Austro-Prussiana. L'orrore della situazione politica, la mancanza di affetti familiari - una volta Ludwig riferendosi alla madre, Maria di Prussia, la apostrofò come "vedova del suo predecessore" - l'incapacità di trovare una sposa e assicurare un erede alla Corona, lo isolarono in un mondo tutto suo. Ora immaginava di rivivere nelle saghe della mitologia celtica, ora di combattere accanto ai cavalieri teutonici ora, in un volo pindarico, eccolo imitare gli sfarzi versagliesi del Re Sole o immergersi nel mondo pastorale di Maria Antonietta. In questo ginepraio psicologico emergeva la sua natura omosessuale che lo portava ad intessere rapporti equivoci prima con il cugino Karl Theodor di Baviera, successivamente con il suo aiutante di campo, il principe Paul von Thurn und Taxis, lo stalliere Richard Hornig, l'attore ungherese Josef Kainz e il cortigiano Alfons Weber. Amicizie difficili, torbide e violente, minate dalla morbosità ossessiva di Ludwig. E poi Wagner. L'incontro con il compositore fu certamente un sodalizio letterario che portò alla creazione di opere immortali come "Il Tristano" o la tetralogia de "L'Anello del Nibelungo", ma nello stesso tempo rappresentò un vero salasso per le casse reali. Il musicista di Lipsia aveva sempre i creditori alla porta a causa di uno stile di vita principesco e della mania di progetti faraonici che poi dovevano puntualmente essere pagati con i soldi del re: basta citare il mastodontico teatro che volle far costruire per il Festival di Bayreuth. Uno solamente fu il confidente disinteressato e l'amore platonico di Ludwig, la cugina Elisabetta - Sissi - l'imperatrice d'Austria. Con lei aveva in comune la passione per la terra bavarese, il rifiuto dell'etichetta di corte, le notturne passeggiate al chiaro di luna, il dolore per un'esistenza dorata ma infelice. Tuttavia neanche Elisabetta sarebbe riuscita a mitigare l'animo di Ludwig che nell'ultimo periodo del suo regno abbandonò definitivamente la cura dello Stato per seguire la costruzione di palazzi surreali: da quello tutto stucchi e dorature di Herrenchiemsee - un omaggio al Roi Soleil - a quello tutto torri e merli di Neuschwanstein che avrebbe ispirato il disneyano castello della Bella addormentata nel bosco. I sogni non poterono salvarlo. Divenuto un misantropo grasso e malato, immerso nel consumo di oppio, cioccolato e champagne; devastato da sbornie di arrak e di birra; incapace di sostenere il confronto con l'imperatore di Germania; inviso a molti componenti della famiglia - timorosi per le sorti della corona - veniva dichiarato insano di mente, arrestato e deposto dal trono. Prigioniero per poche ore nel castello di Berg, affogava misteriosamente insieme al medico che ne aveva certificato la pazzia sulla sponda fangosa del lago di Starnberg nella notte del 13 giugno 1886. Il cigno era morto per sempre.