Pazze d'amore per il dittatore
Rabbiosoe deciso in pubblico era invece una persona silenziosa e sfuggente in privato. Mangiava poco: solo verdure bollite e beveva solo acqua. Eppure riceveva lettere di questo tono: «Mio caro Führer, non posso fare a meno di pensare a voi ogni giorno, ogni ora e ogni minuto che passa. Verrei volentieri a Berlino per farvi visita! Ho il diritto di farlo? Qualsiasi cosa accada la mia vita vi appartiene. Mi piacerebbe sapere che senso ha per voi tutto questo. Non posso più lavorare, perché non faccio che pensare a voi. E non posso amare altre persone più di quanto non ami voi. Speriamo che il mio augurio si realizzi. Fatemi sapere se ho il diritto di venire». Più esplicita di così. Ma il feroce dittatore si concedeva poco. In alcuni anni ricevette anche dodicimila lettere. Non rispondeva quasi mai a nessuna. Solo se l'«innamorata» annunciava di stare per presentarsi a Berlino veniva dissuasa da una ferma lettera del capo della cancelleria privata: Albert Borman. Ma il Führer e i suoi fedelissimi tenevano in grande considerazione questa corrispondenza. Le cruciali elezioni del 1933, quelle che lo portarono al potere, le vinse grazie alle donne. «L'importante - affermava il dittatore - è conquistare le donne, il resto arriva dopo». Il fascino che riesce a generare il potere è perverso. A questo sentimento noir e un po' folle è dedicato il saggio «Le donne dei dittatori», di Diane Ducret, Garzanti, euro 22,80, 407 pagine. La Ducret, nata in Belgio, giovane (trent'anni) giornalista e storica, produttrice e conduttrice di programmi televisivi per History Channel e altre reti, con questo suo primo libro è stata per mesi in vetta alla classifica dei best seller francesi. La Ducret con occhio storico rigoroso, ma anche con malizia e disincanto, ricostruisce incontri, strategie, le ingenuità e la mostruosità degli amori tormentati del Novecento: Hitler, Mussolini, Lenin, Stalin, Salazar, Bokassa, Mao, Ceausescu. Le donne dei dittatori hanno avuto peso politico, hanno intrecciato le loro vite con quelle di personaggi feroci. L'autrice esplora i meccanismi che legano sesso e potere. Quelle donne (e sono tante, più d'una per ogni dittatore) sono state prima ammiratrici, poi amanti, spose, muse. Certe volte sono state... graziate dall'attenzione del dittatore per una notte. E niente più. Ma forse a loro bastava. Non tutti facevano come Hitler, anzi. Mussolini, ad esempio, si «concedeva». Se il Führer riceveva dodicimila lettere all'anno lui, Benito, nel nostro Belpaese caldo e mediterraneo, ne vedeva arrivare fino a quarantamila in un solo mese. C'era chi faceva le «selezioni» per lui. Benito amava concedersi. Come faceva l'estate, a Riccione, dove, sotto gli occhi di tutti, andava in spiaggia a fare il bagno. Lì, ad ammirarlo in costume, c'erano frotte di signore. Si presentavano anche delle straniere: soprattutto ungheresi e tedesche, per vedere il duce. Certo, non tutto è sempre così divertente. Quelle donne si sono innamorate di un uomo crudele e violento. A volte l'hanno dominato, a volte sono state, semplicemente, tritate dalla situazione. Come la vedova di Lenin la quale, in qualche modo, tentò di mantenere potere e contatti al Cremlino dopo la morte del padre della rivoluzione. Ma di fronte aveva un personaggino come Stalin. Il dittatore dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche in occasione del suo compleanno le mandò una torta. Avvelenata, sospettano in molti. La vedova di Lenin morirà il giorno dopo aver compiuto settant'anni, dopo aver passato una notte torturata da dolori al ventre. Stalin la farà subito cremare e porterà, personalmente, la sua urna durante il funerale.