Mario Bernardi Guardi Nel dicembre del 1817, il diciannovenne Giacomo Leopardi resta ammaliato dal fascino di una lontana cugina pesarese, Gertrude Cassi, venuta in visita a Recanati.
Nullasvelando alla ventiseienne Gertrude che, ignara della tempesta suscitata dalla sua presenza, partirà qualche giorno dopo da casa Leopardi. Pietro Citati, vincitore del premio di saggistica "Francesco De Sanctis" con una attenta ricognizione in opere e giorni del poeta ("Leopardi", Mondadori, pp. 437, euro 22), evoca questa celebre "tranche de vie". Rendendola palpitante grazie a una speciale attitudine che traduce ogni "tempo ritrovato" in presenza sollecita e partecipe vicinanza. Perché bisogna capire, sentire un cuore che batte, entrare in una mente tra fervori, fantasie e fantasmi. Ed eccoci, allora, di fronte a un Giacomo e a una Gertrude "inattesi". Lui "non amava le donne troppo femminili, con i visi languidi e verginali e i capelli biondi o chiari, e le maniere smorte". Lei "era alta, forte, vigorosa", aveva "occhi nerissimi e sibillini", con dentro "qualcosa di inesprimibile". E una singolare "voce virile", un'alta statura e una figura "membruta" che non ne diminuivano affatto la grazia. Gertrude Cassi "apparteneva senza dubbio al mondo di Eros". Ma Giacomo la corteggia? No, il mattino successivo all'arrivo, pranza con lei ma la guarda "freddamente e curiosamente, come se contemplasse un bel quadro". La sera, mentre tutti giocano a carte, chiacchierano e scherzano, "si rannicchia" in se stesso e continua a contemplarla. Il giorno dopo, lo troviamo impegnato in una partita a scacchi con Gertrude o meglio con la Signora, come ama chiamarla. Quale è il suo stato d'animo? "Non c'era felicità né irradiazione né estasi - scrive Citati - Leopardi provava qualcosa di 'torbido': cioè, come dice l'etimo latino, di agitato, tempestoso, sconvolto, e insieme di opaco e di oscuro (...), 'una cieca ingordigia incontentabilissima'. Era un desiderio angoscioso: Leopardi sapeva che anche se avesse giocato un mese o un anno con Gertrude, non sarebbe mai stato saziato e contento. Era una malattia: una mancanza, la più grave delle mancanze - la stessa mancanza che nel 'Simposio' prova Eros, figlio di Penía, Eros che mendica e stende la mano alle porte". Un richiamo "alto", quello di Citati, che si apre a un ventaglio di considerazioni e interrogativi. L'amore platonico è erotico? Che cos'è per Leopardi amore e che cosa erotismo? Che cosa "cercava" davvero, nella donna? E che cosa hanno significato, a partire dalla madre, la marchesa Adelaide Antici, le donne nella sua vita? L'eredità umanistica e la vocazione umanitaria di Leopardi quale debito pagano alla presenza - e all'assenza - delle donne nella sua vita? La biografia di Citati è una lunga inchiesta in cui i "fantasmi d'amore" ricorrono con una inquietante consistenza. E costituiscono, a nostro avviso, le suggestioni e i suggerimenti che più e meglio ci consentono di entrare nella "storia di un'anima", che era anche uno spirito vocato a sapienziali altitudini (l'Androgino originario, con la ricomposizione di maschile e femminile?) e un corpo che soffriva e desiderava. Citati di ogni suo "eroe" ha sempre raccontato l'"intero. Mai nulla di "impressionistico", dunque. Lo scrittore toscano cerca, esplora archivi, scopre, studia, si documenta, confronta. Poi, però, entra in gioco una cifra a un tempo emozionale e intellettuale. Il biografo, senza mai dimenticare il suo ruolo di scrittore-testimone, deve "trasferirsi" nel personaggio. Lo trova, in qualche mondo lo "inventa" , ma lo diventa, anche. E' stato così per Goethe e Tolstoi, per la Mansfiel e Kafka: e più che mai è scattata la molla dell'empatia con Giacomo Leopardi. Attenzione: l'empatia non rende tutto più facile: anzi. Ed ha ragione il Nostro a dire che il lavoro è stato "faticosissimo" e lo ha "sfinito". Perché, è vero, la vita di Giacomo non è ricca di eventi e si concentra nell'arco di trentanove anni: e tuttavia è una vita lunga e lungamente sofferta se si guarda al sovraccarico di illusioni e delusioni, amori e disamori, e sogni, scoperte, inquietudini, interrogativi, appelli senza risposta che la contrassegnano. È una vita esemplarmente romantica con quell'intimità dolorante che nega affermando, e con lo smascheramento della Natura, bella, terribile e indifferente. Ma è anche una vita "moderna", con un continuo mettersi in discussione e una costante ricerca di senso. E - Citati ce ne offre un chiaro segnale - profeticamente post-moderna: il nichilismo sgretola Dio, ma anche i miti del della Storia, del Progresso, della Rivoluzione, maiuscole enfatiche, menzognere e oppressive. "Ferito a morte" sin dalla nascita, l'uomo leopardiano? E ben consapevole che né le religioni né le ideologie possono salvarlo dal mal di vivere e dalla noia, aprendo un varco nell'insondabile mistero della nascita e della morte? Sì, e tuttavia, come ben mostra-dimostra il biografo, in lui non c'è fuga né dalla vita né dalla realtà. Il disincantato "antipolitico", ad esempio, si fa beffe sia dei liberali che dei reazionari centrando il tiro da libellista di rango, puntuale e feroce. E quel che dice degli inveterati vizi italici è di straordinaria attualità. Certo, Leopardi è un "distruttore". Eppure da lui impariamo anche a tenere al caldo le illusioni, riscoprendo l'infanzia del cuore, gli eroi del mondo antico, la loro vitalità, i loro entusiasmi. E "La Ginestra" è un paradossale inno alla carità cristiana: ama il prossimo tuo come te stesso, soffre anche lui, soffri con lui.