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L'eleganza è la migliore virtù

La duchessa di Laneais

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«Signori si nasce ed io lo nacqui, modestamente». Così parlò Totò e nella battuta c'era lo straordinario guitto, ma anche il principe Antonio de Curtis. Fierissimo delle sue origini nobiliari meticolosamente attestate, (perché "carta canta"), ma anche confermate nel quotidiano stile di vita. Il ragazzetto stralunato del Rione Sanità era davvero un signore "nato". E grazie a una consapevolezza diventata naturalezza, avrebbe potuto far propria la massima di Solone: "Non fare il principe, se non hai imparato ad esserlo". L'aurea sentenza, citata da Honoré de Balzac per suggellare un suo aforisma ("Non è sufficiente essere diventato o nascere ricco, per condurre una vita elegante: bisogna averne il sentimento"), compare nel "Trattato della vita elegante", una "operetta morale" riproposta da Alex Pietrogiacomi, con la "complicità" del disegnatore Massimiliano Mocchia di Coggiola, dello psicologo Salvatore Parisi e della francesista Tiziana Goruppi, docente all'Università di Pisa (Piano B, pp. 108, euro 12). Il "Traité" balzacchiano - come messo in evidenza dai curatori - contiene intuizioni, osservazioni e immagini che avranno sviluppo in quel grande affresco che è "La Comédie humaine", ma ha già una brillante "autorevolezza". Nulla dunque di "minore" rispetto al capolavoro, ma un ben congegnato avvio. Lo scenario è quello di una Francia borghese e moderata che, deposto nel 1830 l'ultraconservatore Carlo X ed eletto il liberale Luigi Filippo d'Orléans, avverte la necessità di darsi identità e rango. Insomma, ad imparare come ci si comporta, come si deve "apparire", magari come si deve "essere". Mica facile, però. Ecco allora che - ricorda Pietrogiacomi - cominciano a "spopolare" le 'fisiologie', "veri e propri codici comportamentali che legavano indissolubilmente a regole ferree i propri lettori: manuali sulla 'toilette', sul gusto, sulla moda e via discorrendo". Sulla scia del crescente successo delle "fisiologie", nell'ottobre-novembre di quell'anno, il trentunenne Honoré de Balzac pubblica il suo "Traité" a puntate sulla rivista "La Mode". A dire il vero, il Nostro di trattati ne aveva previsti quattro ma videro la luce soltanto la "Physiologie du mariage" e questa ricognizione nella "vita elegante", rimasta incompiuta. Eppure, il divertimento è assicurato. Ovviamente, ai "piani alti" dell'intelligenza e della provocazione. Ed è proprio il tratto provocatorio a caratterizzare il libro: cari borghesi, dice Balzac, voi certo vi distinguete dalle classi popolari, dai contadini, dai muratori, dai soldati ecc. , perché in quanto medici, avvocati, magistrati, notai, alti burocrati ecc. siete "marchingegni meravigliosamente perfezionati" e le "vostre pompe, catene, bilancieri e tutti gli altri ingranaggi accuratamente lucidati, regolati, lubrificati, fanno le rivoluzioni sotto decorose gualdrappe ricamate". Ma la vostra resta pur sempre una vita di "movimento", insomma siete tutti presi da un gran daffare, se le braccia non sono occupate, lo è la mente, ragion per cui, raggiunta l'età in cui potete riposarvi, "il senso dello stile è svanito, il tempo dell'eleganza finito". Ma allora qual è l'uomo elegante? Quello che non fa niente, che "gode del riposo senza esser passato dal lavoro", che possiede "l'arte di animare il riposo", che non ostenta ma "nasconde i propri mezzi", che non è vittima della moda perché dalla sua ha l'"invenzione", che "sa godere di tutto ciò che possiede", che non ha bisogno né di fare i soldi né di risparmiare né di imitare né di esibire. C'è una bella differenza tra lui e chi lavora! Consideriamo, ad esempio, le occasioni in cui "riceviamo" in casa. Ebbene, "per l'uomo che 'lavora', i ricevimenti sono eventi solenni; 'consacrazioni' periodiche in occasione delle quali riapre i pacchi, svuota gli armadi e scopre i bronzi; l'uomo elegante invece sa ricevere in qualsiasi momento. È 'semper paratus', sempre pronto, sempre uguale a se stesso. Casa, domestici, vetture, lusso ignorano il pregiudizio della domenica". Ma allora l'uomo elegante è "solo" l'aristocratico? Bè, essere aristocratico 'aiuta'. C'è poco da fare: indossa la sua eleganza più come una "pelle" che come un "abito". Però... Però a Balzac piacciono anche gli artisti il cui ozio è un "lavoro" e il lavoro un "riposo": "L'artista è sempre grande. Ha un'eleganza tutta sua perché, in lui, tutto riflette la sua intelligenza e la sua gloria". E poi gli piacciono i "dandies": la distrazione che è attenzione suprema, la svagatezza del "flâneur", la "finzione" come attitudine a plasmare, la sprezzatura che non è arroganza. Attenzione, però, nulla deve apparire "ricercato". La vera eleganza è quella non si nota. Tocco di grazia che, appena avvertito, si scioglie nell'aria.

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