Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

La doppia saggezza di monsieur Lapierre

default_image

  • a
  • a
  • a

diCARMINE MASTROIANNI Dominique Lapierre è il vincitore della XXXIX edizione del Premio Scanno per la Letteratura. Anzi, un doppio vincitore, in quanto, per la prima volta nella storia del prestigioso premio abruzzese, la Giuria, presieduta da Gianfranco De Turris, ha conferito a Lapierre anche il riconoscimento per la sezione Valori dedicata a Riccardo Tanturri. È un piacere tornare a parlare di Lapierre, scrittore ma soprattutto vero filantropo dei tempi moderni. Un personaggio di carattere, avveduto e non ingenuo come potrebbe apparire a chi lo incontra la prima volta. Voler fare una sintesi della sua straripante produzione letteraria o della sua odissiaca vicenda umana sarebbe una fatica tanto onerosa quanto vana. Per lui parlano i suoi libri, da "Un dollaro mille chilometri" del 1949, a "India mon amour" del 2011, passando per l'indimenticabile "La città della gioia" del 1985, in ognuno vi è una carica di realismo e di vitalità che nascono dal vissuto stesso dell'autore. Lapierre, classe 1931, povero, lasciava Parigi a 17 anni con in tasca appena 30 dollari, si imbarcava come mozzo su una nave e percorreva in lungo e in largo lo sconfinato Continente Americano, in cerca di una identità. Quello che mi colpì alcuni anni fa dall'incontro che ebbi con lui in una Roma torrida di fine estate, fu la sincerità, la straordinaria fede nelle proprie convinzioni, la passione per l'impegno contro la povertà e l'arretratezza culturale della terra indiana; e non ultimo il ricordo commosso dell'esperienza vissuta accanto a Madre Teresa nelle baraccopoli di Calcutta. Mi raccontava di aver "escogitato" un modo nuovo e semplice per aiutare quelle persone in difficoltà: fare della letteratura uno strumento di solidarietà e del lettore un inconsapevole donatore di vita e di gioia. Per Lapierre l'India, ma non solo, sta vivendo un momento di sviluppo, ma a ritmi così insostenibili da rendere quello stesso progresso un pericoloso miraggio, anzi, un "perverso inganno". Buona parte degli indiani sono marginalmente interessati dal boom economico che molto spesso finisce solo per deturpare una terra, una cultura e delle tradizioni millenarie. Ecco allora il merito di Lapierre: aver raccontato nei suoi romanzi la verità pur nella sua raccapricciante bruttezza; l'aver permesso a milioni di lettori di poter conoscere e, nello stesso tempo, fare qualcosa di utile per alleviare i tanti "focolai" di sofferenza che si possono incontrare nelle state di Calcutta, Gerusalemme o Parigi. Non penso di ingannarmi nel ritenere che proprio il suo "India mon amour", premiato a Scanno ieri sera, contenga la sintesi più autentica di una vita modulata tra scrittura e altruismo, un indimenticabile inno alla vita unito da un fil rouge che trae spunto da un proverbio indiano: "Tutto ciò che non è donato, è perduto".

Dai blog