di SARINA BIRAGHI Una roccia nella tempesta.
RacheleMussolini ricorda così l'amata nonna paterna di cui porta il nome e gli stessi occhi verdi, quella Rachele nata Guidi, detta la «Chellina», coniugata (dopo una figlia illegittima e 15 anni di convivenza) con Benito Mussolini, il Duce. Rachele jr, è la figlia di Romano, famoso jazzista, e dell'attrice Carla Puccini, e quindi sorella minore di Alessandra ed Elisabetta, che il quartogenito di Mussolini ebbe dalla prima moglie Maria Scicolone, sorella di Sofia Loren. In «Mia nonna e il Duce» (Rizzoli, pag. 186) racconta, attraverso le confidenze del padre Romano e i propri ricordi di bambina, la vita di una donna per decenni moglie nell'ombra dell'uomo più potente d'Italia, e, malgrado ciò, grande protagonista di questo rapporto e della sua famiglia che ha amato e difeso come una tigre difende i suoi cuccioli. Senza mai cambiare, senza mai rinnegare le sue umili origini. Soffrendo. «In pochi immaginano fino a che punto abbia sofferto - dice la nipote - Per gelosia, ma soprattutto perché non poteva essere d'aiuto a suo marito, che di giorno in giorno vedeva avvicinarsi al baratro». Una cosa è certa però, secondo la giovane autrice, «per mia nonna Benito è stato il grande amore della sua vita. E anche l'unico». La «Chellina» lo conobbe sui banchi di scuola, quando aveva otto anni e lui era il supplente. Lo rivide dieci anni dopo e lui chiese con la pistola il permesso di sposarla. Fece cinque figli, lontana dalla politica, fu però abilissima nello smascherare gli intrighi di palazzo, grazie a un'affidabile rete di informatori e al proprio intuito: la fragilità di Hitler, i cospiratori, la sfiducia del Gran consiglio e la trappola del re, le falsità di Badoglio. Nulla di tutto questo le era sfuggito ma il Duce sottovalutò sempre quella che poteva essere un prezioso sostegno, il solo disinteressato e leale. La vita, che questa donna affrontò sempre a testa alta, fu sconvolta da tanti drammi: dalla morte nel 1941 del figlio Bruno al voltafaccia del genero Galeazzo Ciano, dal dolore per l'uccisione del Duce nella solitudine del confino, alle lotte per riavere almeno la salma. Ma lei fu sempre pronta a ricominciare. Anche quando, innamorata del suo uomo, ingombrante e potente, dovette sopportare le sue avventure alcune insignificanti, altre importanti, che la ferirono. Donna Rachele, però, dopo le proteste e gli sfoghi, finiva per difendere il suo Benito: «Ha tutti i difetti del mondo, ma in tanti anni non ha mai passato una notte fuori di casa, né mi ha mai fatto mancare niente». Con quel «mancare niente» non si riferiva solo ai beni materiali, ma anche al fatto che Benito aveva sempre compiuto regolarmente i suoi «doveri coniugali». Come dire, tanto amore ma anche tanta complicità tra due caratteri decisi e impulsivi. Eppure, forse perché vissuta con il rimpianto di non avere potuto studiare, avversò con furore le maggiori infedeltà del marito, quelle con donne forse non belle, ma di cultura, capaci di affascinare con i discorsi il suo Duce, quelle «che occupavano un posto nella sua mente». Donna Rachele si sentì umiliata, infatti, dal rapporto di Benito con l'ebrea russa Angelica Balabanoff, alta un metro e mezzo eppure capace di far crescere politicamente il Mussolini giornalista dell'Avanti che di lei disse: «Se non l'avessi incontrata sarei rimasto un piccolo attivista di partito, un rivoluzionario della domenica». Quella che Donna Rachele detestò con tutte le sue forze per l'ascendente che esercitava sul marito, fu Margherita Sarfatti, donna intelligente, ricca, egocentrica e gelosa. Fu lei a far conoscere il Duce nel mondo con il libro che gli dedicò: «Dux». A Villa Torlonia Donna Rachele si allenò al tiro a segno per uccidere la Sarfatti, mentre prese letteralmente per i capelli Ida Dalser che si credeva la vera signora Mussolini. Fino al faccia a faccia a Villa Fiordaliso con Claretta Petacci, unica vera rivale, odiata ma anche rispettata per il coraggio di essere stata accanto al Duce sino all'ultimo. Una nonna, dunque, che per Rachele jr definire «straordinaria è riduttivo». «Era una donna dell'Ottocento ma, al tempo stesso, è stata protagonista del Novecento accanto a Mussolini». Sempre accanto, semmai un passo indietro, come una vera first lady, senza mai rubare la scena e senza fare scenate. Perché non le avrebbe giovato: avrebbe solo vinto una battaglia ma perso la guerra ovvero, avrebbe perso il suo Duce.