A spasso con Dante
«Nel mezzo del cammin di nostra vita...», e la mano sapiente di un giovane artista indugia sul volto, incava un muscolo, carezza e modella nell'argilla il busto del Sommo Poeta. L'aere è quello chiaro del mare di Napoli, poi il viavai quotidiano ai piedi del Vesuvio si mischia alla voce fuori campo. «...mi ritrovai per una selva oscura...». Comincia così la maratona nella Divina Commedia, il progetto più entusiasmante per celebrare i 150 anni dell'Unità d'Italia, voluto dalla Società Dante Alighieri: cento dvd, documentari d'arte e parola, nei quali Lamberto Lambertini, regista e pittore, rilegge il viaggio in Inferno, Purgatorio e Paradiso. Ogni dischetto dura dodici minuti, il tempo che basta alla voce calda di Lambertini - che con la lettura dantesca già si è spesso cimentato - di recitare un canto della Commedia, unico commento a immagini che scorrono in un flusso continuo. Ogni canto e ogni dvd ci porta in una città d'Italia. Con un nesso lieve, sommerso, del subconscio quasi. Panorami, scorci, memorie, monumenti. Ma soprattutto uomini intenti a fare. Scolpiscono, dipingono, forgiano il metallo, soffiano il vetro, stampano un libro. Come vediamo nei primi 34 «corti» finiti, appunto i 34 canti dell'Inferno. Dice Lambertini: «Ho scelto gli sfondi per il viaggio senza farmi imbrigliare dalla logica. Ho sviscerato le città italiane trovando posti incredibili, antri scuri ma illuminati dalla sapienza del fare, dall'abilità delle mani. Botteghe di artigiani, che ripetono da anni, secoli, il gesto dei padri, degli avi. Sono i piccoli grandi artisti che resistono. Chi meglio di loro per riproporre la parola antica sulla quale si fonda la nostra lingua? Chi meglio di loro per rappresentare l'articolazione e la genialità di questo Paese?». Ecco allora il canto IV, quello che porta sulla scena i non battezzati, il Limbo. I versi scorrono, Dante guidato da Virgilio incontra Omero «poeta sovrano» e poi Orazio, Ovidio, Lucano. «I' fui sesto tra cotanto senno...Venimmo al pie' d'un nobile castello/ sette volte cerchiato d'alte mura...». E intanto sullo schermo scorrono le immagini di uno storico puparo, Nino Cuticchio. Che nel silenzio del suo teatro di Palermo, l'Ippogrifo ai Quattro Canti, dipinge una testa di legno, acconcia la veste di seta rossa, sistema una piccola corazza istoriata, ferma con le borchie il mantello, lo scudo e i fili del suo eroe, il paladino Orlando. «Ho filmato quel lento rito - spiega Lambertini - che quasi ridà vita a un eroe. E mi è sembrato naturale accompagnare i gesti del puparo con le terzine di Dante che incontra i suoi miti, i grandi filosofi e poeti e filologi di cui nutriva il suo sapere. Un Dante commosso, disperato perché vede nel Limbo, condannati in eterno perché nati prima di Cristo, i giganti del pensiero. La stessa Commedia è un continuo flusso di pensiero. È il sogno di Dante che lascia poco spazio alla drammaturgia, all'azione». Nel secondo canto, là dove il Poeta ha paura di non essere all'altezza del viaggio e Virgilio lo incoraggia («Qui si parrà la tua nobilitate...») ricordando la protezione di Beatrice, l'ambientazione assorta è il cimitero monumentale di Staglieno, a Genova. Dove le presenze sono levigate statue di marmo: fanciulli, anziani, dignitari, giovani donne. Tutti fermi tra cuscini e ghirlande di pietra, eterni nella meditazione. Eppure episodi drammatici increspano di tanto in tanto il poema. «Certo, la storia di Paolo e Francesca è uno di questi - acconsente Lambertini - Dante qui si commuove al punto di svenire. Perché il peccato che fa dei due amanti dannati eterni è una di quelle macchie comprensibili, meno abiette. Alighieri comprende la passione di Paolo e Francesca ma pone innanzi a tutto la legge. Piange con loro, però il posto nell'aldilà non può che essere l'inferno». Per il quinto canto lo scenario è un'officina metallurgica, dove domina il rosso del fuoco e del magma incandescente. Siamo nel Molise, ad Agnone, nella più antica fonderia di campane italiana, quella della famiglia Marinelli, che fuse la prima campana nel 1339. «Un set regalato per le vittime del libro galeotto - spiega il regista - Sembra di stare nel Medioevo de "Il nome della rosa". Gli operai illuminati solo dalla luce del fuoco sono comparse di cinema. L'eco della Pontificia Fonderia Marinelli fa vibrare l'aria. Paolo e Francesca si meritavano davvevo questa location». La cinepresa inquadra le sagome silenziose delle campane, i riccioli di una donna che incide ghirigori nella cera, la fatica di un uomo tutt'uno in una buca con l'oggetto che forgia. «La bocca mi baciò tutto tremante...». Ci sono anche autostrade, porti, periferie cittadine nel viaggio con Dante. C'è l'hangar con il relitto dell'aereo di Ustica, quel che resta dell'Italsider di Bagnoli, il percorso in Circumvesuviana. «Dante è moderno e antico insieme, la sua parola diventa più pregnante se c'è dietro un'immagine cinematografica. Lo hanno capito bene i ragazzi che hanno visto all'Ara Pacis un'anteprima del mio lavoro. Il viaggio dal Nord al Sud ripercorre l'Italia che Alighieri sognava. Italia unita, anche se piena di ferite».