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Lavia: «Aristotele frainteso». Orsini: «Amo il canone classico»

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Losanno bene registi e attori che vi si sono confrontati. «Certo, nei testi di oggi non si ritrovano esattamente le indicazioni fornite da Aristotele e va anche aperto un discorso su cosa realmente lo stesso filosofo greco volesse intendere in proposito», commenta Gabriele Lavia, cui tra l'altro è affidata la direzione del Teatro di Roma. «Le tre unità sono presenti in tanta produzione drammatica contemporanea, basti pensare a "Porte chiuse": tutto si restringe in un appartamento, in una stanza, nell'azione di una sola giornata o parte di essa» aggiunge l'attore Umberto Orsini, da sempre sensibile alla scrittura teatrale più recente e attualmente presidente del Premio Riccione. «La recitazione corrisponde di più alla possibilità di un'esperienza realistica, simile a una tranche de vie. Diventa una storia raccontata come in una scheggia senza dover far fronte all'estensione del tempo come accade in Thomas Bernhard. È una formula che mi interessa moltissimo ed è un classico della drammaturgia di Yasmine Reza. In teatro si può dedicare anche tutto il tempo a discutere sull'intonazione di una battuta: è un modo di comunicare. Ora però va specificato che nelle tendenze più recenti rischia pure di diventare il segnale di uno svilimento dell'impianto drammatico come dimostrato dalla diffusione sempre più ampia della forma del monologo - spiega ancora Orsini - All'ultimo Premio Riccione mi sono battuto per far vincere testi che proponessero una serie di personaggi come deve essere nella tradizione del teatro. C'è un impulso asfittico alla confessione personale che è sicuramente più facile da realizzare, in particolare per le giovani generazioni. Scrivere per il teatro si rivela una specializzazione a cui si approda con l'età e con l'esperienza, non è da tutti e resta una vocazione minoritaria. Ormai moltissimi spettacoli teatrali nascono da sceneggiature, ma è pur vero che i potenziali autori spesso scelgono il cinema». «La presenza delle tre unità per me non è un discrimine e difficilmente si riscontra nel teatro che dirigo io», precisa Geppy Gleijeses, cui è affidata la direzione del Teatro Quirino. «Pur non essendo un mio strumento abituale, ho sperimentato con piacere questa struttura in "Cinque rose per Jennifer" di Ruccello che è un capolavoro».

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