di ALDO COSTA Sembra un romanzo di spionaggio, uno di quelli scritti da Ian Fleming o da Frederick Forsyth, ma è tutto vero e i protagonisti sono gli uomini più potenti del mondo.
Annibui quelli che portano al 1960 e ancor più bui quelli che seguiranno. Il 4 ottobre 1957 Le Repubbliche Socialiste Sovietiche avevano sparato in orbita una palla lucente di metallo con quattro antenne che inviava un innocente segnale radio in tutti gli angoli del mondo. È una conquista della tecnologia, ma non della pace. In questo periodo tutto ha un doppio senso. Da quando due alleati, Stati Uniti e Urss, hanno combattuto e vinto insieme la più dura guerra del mondo. Ma quella guerra non era ancora finita che i due «alleati» si erano scoperti nemici. L'allegro bip-bip dello Sputnik mette in chiaro agli amici americani che i «tovarish» che già possedevano l'atomica, ora hanno anche un missile in grado di superare l'atmosfera e di mettere la suddetta bomba un po' dove gli pare. Brutti tempi. L'anno dopo lo Sputnik salirà al Soglio Pontificio Angelo Giuseppe Roncalli: papa Giovanni, il papa buono. Buono sì, ma anche intelligente ed energico. Così il 25 gennaio del '59 lascia il mondo a bocca aperta annunciando che avrebbe riunito un concilio per tutti i cristiani, cattolici e non. E scatta il «trappolone» dell'Unione Sovietica. Per garantire la presenza degli ortodossi di Russia al Papa Buono sarà proposto di adottare una linea «morbida» nei confronti dei comunisti. Papa Roncalli ha scelto il motto «Oboedientia et Pax». Ma la pace costa. E questa pace costa l'indulgenza nei confronti degli atei comunisti dei soviet. Non può che ritornare in mente una visione di Nostradamus che poi tormenterà anche Don Bosco: i cavalli dei cosacchi che si abbeverano alle fontane di San Pietro... e scongiurando condanne e scomuniche si sono fatti una bella bevuta. Questo thriller è raccontato in un saggio storico, eccezionalmente interessante e acuto: «L'accordo di Metz. Tra Cremlino e Vaticano», di Jean Madiran, edito da I libri del Borghese, 12 euro, 103 pagine. Lo scrittore francese, che si definisce «laico cattolico», riporta il lettore in quegli anni tanto vicini eppure così lontani. I motivi spirituali e teologici, le sottigliezze delle tensioni tra le varie confessioni vengono spiegate con semplicità e precisione. Papa Giovanni voleva la pace ed operò per la pace. I russi (a quei tempi c'era il compagno Krusciov) temevano l'avversione della Chiesa di Roma ed erano disposti a molto pur di giungere ad un accordo che sarebbe durato (questo è fuori da ogni dubbio) fino a che gli fosse convenuto. Per questo utilizzarono una figura da romanzo: monsignor Nicodemo, giovane portavoce della Chiesa Ortodossa, legato strettamente al Cremlino. Nicodemo dichiara che il patriarcato di Mosca accetterà di inviare osservatori al concilio se «non ci saranno dichiarazioni ostili al Paese che amiamo». E così sarà. Quel Concilio nato per parlare dei problemi dei fedeli e del mondo nella seconda metà del Novecento si tapperà la bocca sul comunismo. E questa «ricetta» continuerà nel futuro. Servirà Giovanni Paolo II per riprendere, e vincere, la lotta contro il cancro rosso.