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Audrey, la diva della porta accanto

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Allorasi chiamava Edda van Heemstra Hepburn-Ruston, sua madre era un'aristocratica olandese, suo padre un banchiere inglese; le avevano fatto studiare danza e recitazione ma, finita la guerra, smagrita, l'aria di chi è stata travolta dalla paura, non sembrava possedere nessuna di quelle doti che, a cominciare dal glamour, consentono a una ragazza di diventare attrice. Invece, dopo uno o due film modesti, che quasi non si ricordano, ecco l'incontro a Parigi con Colette proprio nel momento in cui cercava una ragazza cui fare interpretare a Broadway la riduzione americana di Gigi. Di colpo il successo sulle scene con Hollywood già pronta. William Wyler cerca la protagonista di Vacanze Romane: deve essere ingenua e spigliata ad un tempo - dice -, deve saper apparire principessa ma con lo spirito di una bambina capace anche di monellerie. Il provino, la rivelazione, il film - a fianco di Gregory Peck - e poi persino l'Oscar. La strada le si era aperta, le tristezze degli anni in Olanda potevano essere dimenticate, cominciavano le glorie. Con un personaggio che, pur con qualche variante, avrebbe sempre riflettuto le grazie, le finezze, la spontaneità e il calore della principessa balcanica di Vacanze romane: lo ritroviamo, più conscio e più sapiente, in Sabrina, sotto la guida esperta di Billy Wilder. Ecco poi l'ex olandesina triste svelare spume, elettricità e fasto in My Fair Lady di Cukor, secondo Oscar della carriera, eccola tutta grazie gentili in Colazione da Tiffany di Blake Edwards con George Peppard. A differenza del suo cinema, la sua vita privata non procedeva con gli stessi ritmi e le stesse vittorie. Finito il matrimonio con Mel Ferrer quello con lo psicologo italiano Andrea Dotti era sembrato ridarle forza, vitalità, speranza - è stato in quella sua nuova «vacanza romana» che l'ho potuta conoscere, apprezzare e ammirare in casa del patrigno Vero Roberti, per anni valido collaboratore de Il Tempo - poi, però, di nuovo la crisi che dopo dieci anni e nonostante un figlio, doveva provocare il divorzio. A parte l'apparizione in E tutti risero quella crisi sembrò riflettersi nell'ultimo suo film di rilievo, a fianco di Sean Connery, Robin e Marian, in cui, anche se vi si rileggeva la storia d'amore leggendaria di Robin Hood per la bella Marian, il suo volto non potè evitare di apparire segnato d'ombre che, nonostante l'età ancora giovane, suggeriva già un sospetto di crepuscolo, con mestizie diffuse. È l'addio «ufficiale» al cinema: con il ritorno in Europa, a Ginevra, a fianco del terzo uomo della sua vita, l'olandese Robert Wolders, e con la nuova missione benefica tramite le strutture dell'Unicef: proprio quelle cui si era affidata in Somalia nel momento stesso in cui la malattia si era rivelata. Un'infanzia decorosa, una vita sentimentale combattuta, una carriera coronata da due Oscar e contrassegnata da personaggi che hanno fatto epoca con la gentilezza e la grazia, ma anche con la sofferenza. Questa, Audrey Hepburn: che probabilmente, però è stata felice soltanto quando, lontano dal cinema e dal privato, ha saputo trasformarsi in missionaria di bontà.

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