Quel denaro padre del Rinascimento
diGABRIELE SIMONGINI Denaro e bellezza, un matrimonio esplosivo da cui è nata l'arte del Rinascimento fiorentino. E del resto, incontestabilmente, senza banchieri e Signori come i Medici non sarebbero nati tanti capolavori del Botticelli, ad esempio. Adesso i frutti di quel connubio così discusso danno corpo nelle sale del fiorentino Palazzo Strozzi ad una mostra indimenticabile sia per la qualità delle opere e dei documenti che per il rigore scientifico: «Denaro e Bellezza. I banchieri, Botticelli e il rogo delle vanità», a cura di Ludovica Sebregondi e Tim Parks. Un'occasione unica per chiunque voglia vedere svelati i meccanismi del rapporto fra arte, potere e ricchezza, senza sentirsi sommersi dai soliti retorici paroloni sull'armonia dei panneggi. Ma anche un'opportunità per riflettere su quanto sta accadendo oggi con la crisi globale dei mercati e con la contraddizione sempre più evidente fra valori economici ed etico-spirituali. È proprio allora infatti, all'inizio del Quattrocento, che acquistano particolare forza parole emblematiche come cambio, prestito, usura, commercio, bancarotta, crisi. Ma forse una delle differenze sta anche nel fatto che i banchieri di allora avevano come motto «In nome di Dio e del profitto» mentre quelli di oggi hanno lasciato sui loro «stemmi» solo il profitto. La mostra parte dal 1252 quando Firenze coniò il primo fiorino d'oro, piccolo quanto un cinque centesimi di oggi ma pesante 3,53 grammi di oro purissimo che oggi verrebbero a costare circa 110 euro. Questa moneta divenne in breve l'immagine dell'autorevolezza internazionale di Firenze, dove nacque il primo sistema bancario moderno. La storia continua nelle sezioni successive: Usura; Arte (e mistero) del cambio; Il commercio internazionale; Leggi suntuarie; Banchieri e artisti; Crisi. E si scopre che gran parte delle opere rinascimentali furono commissionate dai ricchi banchieri e commercianti per espiare davanti a Dio gli aspetti non propriamente ineccepibili dei loro commerci e prestiti, non di rado vicini all'usura. Ma questi capolavori divennero anche lo status symbol che mostrava al mondo tutta la raffinata ricchezza dei committenti. Un artista in particolare è l'emblema della mostra: Sandro Botticelli di cui si segue con parecchi capolavori tutto il percorso, dalla formazione accanto a Filippo Lippi al trionfo della bellezza neoplatonica di strepitose pitture mitologiche fino alla crisi degli ultimi anni con il ritorno ad un primitivismo tormentato che rispecchiava il durissimo rigore morale del Savonarola. E così si va dalla «Madonna col Bambino, due angeli e un San Giovannino» (1468) al mirabile «Ritratto di donna» (1485 circa), dall'inquietante «Calunnia» (1497) alla tormentata «Madonna col Bambino e San Giovannino» (1500 circa). Ma tra i tanti capolavori resta nella mente anche il Ritratto del banchiere Benedetto Portinari che con poca modestia commissionò al grande Hans Memling anche la figura di un San Benedetto destinato a stargli a fianco.