Gli alieni sul Lido
L'ultimo terrestre. Dopo "Terraferma" di Emanuele Crialese e il contestato "Quando la notte" di Cristina Comencini ha a raccolto ieri calorosi applausi il terzo ed ultimo film italiano in concorso a Venezia 68, "L'ultimo terrestre" di Gian Alfonso Pacinotti, detto Gipi. Il regista pisano, già vignettista apprezzato, racconta un'Italia distratta, amorale, violenta, in piena crisi economica e così assente da non essere interessata nemmeno dell'imminente arrivo degli alieni. Protagonista è un trentenne solo, buffo e introverso (Gabriele Spinelli), che fa il barista in un Bingo, come unico amico ha il trans Roberta e ce l'ha con tutte le donne perché è stato abbandonato dalla madre da piccolo. Ogni tanto va a trovare il padre contadino in campagna (Roberto Herlitzka), si concede solo alle prostitute e conduce una vita squallida in un anonimo e fatiscente residence, dove coltiva un'attrazione segreta per la vicina di casa (Anna Bellato). Nel film - prodotto dalla Fandango in collaborazione con Rai Cinema e Toscana Film Commission e liberamente ispirato al romanzo a fumetti «Nessuno mi farà male» di Giacomo Monti (edizioni Associazione Culturale Canicola) - gli alieni diventano curiosi pupazzi dai grandi occhi che giudicano il mondo. Gli uomini "li ho dipinti molto brutti, delle vere macchiette terribili, ho contravvenuto alla regola di Truffaut che raccomandava di avere rispetto anche per i cattivi e di non farli a senso unico - ha spiegato Gipi - Ma se guardo la classe dirigente italiana ne vedo tante di queste macchiette e penso che Truffaut non aveva visto l'Italia del 2011". L'indomani della giornata difficile di Cristina Comencini fischiata per "Quando la notte", Gipi dichiara poi di non aver "paura. Se uno è capace di scordare solo il giorno dopo la notizia di uno sbarco clandestino dove si sono salvate solo due persone su 80, extracomunitari che morivano di fame e di sete, che ne parliamo a fare. Che dire poi sul fatto che nel mio film a salvarci saranno gli alieni. Se il desiderio di cambiamento deve arrivarci da un evento mistico è una cosa spaventosa". L'arrivo di Wang. Sul Lido è sbarcato un altro film italiano di fantascienza, «L'arrivo di Wang» dei Manetti Bros (Controcampo). «La nostra è una fantascienza da camera, all'europea, ma guardiamo a temi universali - ha spiegato Marco Manetti, classe 1968, regista del film con il fratello Antonio (classe 1970) - L'alieno (interpretato da Li Yong, nella vita un portiere d'albergo, al debutto come attore), da possibile pericolo letale diventa un osservatore delle nostre miserie, della nostra sempre maggiore incapacità di comunicare, di trovare punti d'incontro quando si hanno posizioni e culture diverse. I veri alieni risultano gli umani». Nel loro film, l'extraterrestre è un essere a metà strada tra un mega polipo e una cavalletta (modellato in grafica 3d su Li Yong) che per comunicare con gli umani ha imparato il cinese, la lingua più parlata sulla Terra, ma che pochi capiscono. Viene interrogato da Curti, un agente segreto fascistoide e paranoico (Ennio Fantastichini) e difeso da Gaia, giovane traduttrice emblema del politically correct (Francesca Cuttica). L'idea base del film è stata una riflessione legata ai fatti degli ultimi anni: «Di fronte a un pericolo, come un potenziale terrorista, quanto ci si può spingere per proteggere le eventuali vittime, quanto si è capaci di rispettare i diritti e la libertà di ciascuno?», si chiedono Manetti senza offrire risposte nel film. In concorso Killer Joe. Oltre ad una tenebrosa ed esageratamente lunga rivisitazione del «Faust» di Alxander Sokurov, è passato ieri in gara per il Leone d'oro il noir americano «Killer Joe». William Friedkinin (regista di film come «L'Esorcista» e «Il braccio violento della legge») dirige Matthew McConaughey ed Emile Hirsch in una storia che mette in scena con grande ironia una famiglia cattiva capace di tutto pur di ottenere denaro. Tanta violenza, sesso e una scena che è già cult al Lido, ovvero quella che vede uno dei protagonisti costringere una donna a fare sesso orale con una coscia di pollo posizionata all'inguine dell'uomo. Al centro una fragile Cenerentola sconvolta dal sangue che la circonda. Tratta dalla piece di Tracy Letts, drammaturgo premio Pulitzer, e ispirata a uno storia vera successa in Florida, racconta tra violenza senza tregua, come uno spacciatore 22enne (Hirsc) ingaggi lo spietato Killer Joe, che nella vita fa il poliziotto, (Mattew McConaughey) per uccidere sua madre, a sua volta cocainomane, e incassare così l'assicurazione, d'accordo con il padre Ansel. Solo quando la bella sorella di Chris (Juno Temple), la Cenerentola del noir, farà innamorare il killer tutto si risolverà. "Quando mi hanno presentato Fellini, mi sono sentito come un suo apostolo, ci ha cucinato una pastasciutta orrenda che poi si è rivelata la migliore della mia vita. Chiedo scusa a Fellini e Mastroianni - dice poi il regista leggendo una critica d'epoca su "Otto e 1/2" che giudicò quel capolavoro "mancante di premesse filosofiche e gratuito" - L'umorismo nero non è il tipo di divertimento che offrono Totò, Benigni o i fratelli Marx, ma più simile a quelli che suscitano spesso i discorsi dei politici americani quando parlano del destino degli Usa. Guardo spesso i film di Welles, Fellini, Antonioni e non mi reputo degno nemmeno di allacciargli le scarpe, ma mi hanno sempre ispirato».