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Venezia applaude Olmi e i suoi migranti

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Ermanno Olmi

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"Non bisogna inginocchiarsi davanti al crocifisso, che è solo un simulacro di cartone, ma verso chi soffre come gli extracomunitari". Ermanno Olmi in conferenza stampa de "Il villaggio di cartone", passato oggi fuori concorso alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, nonostante i suoi toni miti si toglie più di un sassolino dalle scarpe. Il film, che vede il suo ritorno alla fiction, racconta di una Chiesa appena dismessa, privata dagli orpelli che fino a poco prima la adornavano (in apertura viene tolto dal soffitto un enorme crocifisso di cartapesta), che trova la sua vera natura evangelica. Ovvero quella di accogliere, come farà appunto il vecchio prete (Michael Londsale), una ventina di extracomunitari che a un certo punto pensano bene occuparla. Tra i miti extracomunitari c'è però anche chi ha voglia di mettere una bomba. «Il villaggio di cartone - dice il regista che torna al Lido esattamente dopo 50 anni dal suo debutto con "Il posto" - non è affatto realistico -. Ogni presenza è un simbolo, come appunto il ragazzo che aderisce a questa scelta e considera l'atto violento come un dovere. Non ci sono solo santi. Non volersi confrontare con gli altri e mettere le bombe è una delle tante debolezze umane». «Finché le Chiese e noi stessi non ci ribelliamo continueremo ad essere solo maschere e non ancora uomini» aggiunge con passione Olmi che dice la sua anche sulla fede. «Quando è vero il peso dei dubbi deve essere anche superiore alla stessa fede. Occorre sempre avere un muro di dubbi». E facile chiedere «come facciamo tutti nei momenti di disperazione: Dio dove sei?. È troppo comodo. Dobbiamo rispondere noi stessi a questo appello. Siamo tutti fratelli. Se riusciamo oggi a ritrovare questa solidarietà molti problemi del mondi si risolverebbero». La chiesa sconsacrata del vecchio parroco a un certo punto diventa come una specie di accampamento, dove le candele servono per scaldare e la fonte battesimale deposito d'acqua da bere. «Cosa c'è più importante dell'accoglienza, la sacralità dell'accoglienza è tutto - replica con forza il regista quando un giornalista gli ricorda come il Cristianesimo poggi anche sulla figura umana e divina di Gesù -. I simboli sono sempre ambigui. Quando il mio prete fa appello alla piccola scultura delle sacra famiglia che ha salvato dalla sua chiesa dice non a caso rivolto a Gesù: non riesco a provare pietà perché tu e la tua sofferenza sono troppo lontani. E, infine, da Ermanno Olmi ancora una battuta critica: i cattolici «si devono ricordare più spesso di quanto facciano di essere cristiani». Il film che ha nel cast anche Rutger Hauer e Alessandro Haber e come sottotitolo "diabasis" (ovvero il pensiero che diventa atto), è stato molto applaudito stamani alla prima stampa, sarà in sala con la 01 dal 7 ottobre  

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