«Sì» a Santoro e «no» alle solite facce
La7,appunto, dove da lunedì alle 21.10 torna «L'infedele». Gad Lerner: «L'Infedele», cosa c'è da migliorare? «Tantissimo. Bisogna aprirsi a una nuova realtà. Molto più cruda e aspra. Le chiacchiere della telepolitica stanno a zero». Mentana sta lavorando per Santoro a La7, lei che idea si è fatto? «La stessa. Credo che La7 sia la sua destinazione naturale. La trattativa è naufragata perché non condotta con la dovuta sobrietà. Porterebbe un flusso di pubblico importante. Confido che con il tempo ci si ragioni. Nel frattempo non restiamo con le mani in mano». Gli ascolti (6,26% di share medio)? «L'Infedele ha visto un incremento, oltre le nostre più rosee aspettative. Le altre televisioni risultano un po' fuori dal tempo, si sono scoperte di colpo più vecchie». Ma la presenza di Santoro su La7 non sarebbe ingombrante per il suo programma? «Credo che siano evidenti le nostre diversità di taglio giornalistico. La mia trasmissione ha una propensione più riflessiva. Più legata a temi storici, filosofici, non di stretto riferimento all'attualità. Ci sarebbe ampio spazio: così come è successo per Formigli, Piroso, Telese. Ci ha raggiunto una quantità importante di pubblico, grazie al traino di Mentana. Hanno scoperto un Tg che dava le notizie! Poi piano piano hanno scoperto la Gruber e i programmi di seconda serata». Sul suo blog, lei parla anche di telepolitica e di volti che dovrebbero cambiare. Dice: «Facciamo a meno delle solite facce in tv». «Ho proposto una moratoria sugli incompetenti. Ai colleghi dico: dobbiamo aggiornare l'indirizzario dei nostri ospiti. Molti, troppi non sono all'altezza dei problemi complicati di cui soffre la nostra economia a causa della crisi. E non parlo solo di una parte politica». C'è qualcuno che non viene nella sua trasmissione e che sta corteggiando? «Sempre. Ma non li nomino: dico soltanto che non sono delle celebrità, volti famosi che "risollevano" la serata. Ci sono ancora persone autorevoli che considerano il dibattito televisivo un onore a cui sfuggire. Meno volentieri vanno in tv e più mi piacciono». C'è qualcosa che si pente di aver fatto durante la sua carriera di giornalista? «Sono stato molto fortunato, mi sono permesso dei lussi. Come le dimissioni: ad esempio dopo il Tg1. E dopo l'Espresso. Sono andato a lavorare alla Raitre di Guglielmi, nonostante il mio giornale mi invitasse a prendere l'aspettativa. Dopo 10 anni dell'Infedele provo grande soddisfazione nel vedere che non era un progetto velleitario. La mia propensione al rischio mi è stata di grande aiuto». Buoni motivi per guardare L'Infedele? «Che sia originale. Che non si guardi solo per seguire un duello rusticano in cui interessa il modo in cui ci si mena. Spero che al telespettatore rimanga qualcosa».