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Clooney il moralista

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Dopo il contestato film di Ezio Greggio («Box Office in 3D), la cui presenza ad una «pre-apertura straordinaria» è stata subito etichettata come una raccomandazione, da ieri il festival lagunare è entrato nel vivo. L'inaugurazione, come da copione, è stata affidata all'applaudito film «Le Idi di Marzo», sceneggiato, diretto e interpretato da George Clooney, al suo quarto film come regista. Ieri sera, intanto, è atterrata all'aeroporto Marco Polo anche Madonna, attesa oggi con il suo «W.E.». La pellicola di Clooney, da gennaio distribuita nelle sale da 01, racconta l'amara vicenda di un candidato americano alle primarie coinvolto in uno scandalo. Nel cast, oltre a Clooney, anche Evan Rachel Wood, Philip Seymour Hoffman, Paul Giamatti e l'emergente Ryan Gosling (già premiato a Cannes per la sua interpretazione in «Drive»), nei panni di Stephen Meyers, talentuoso esperto di comunicazione che, messo alle corde, capirà come nella politica l'etica sia solo tema dei discorsi politici. La politica è dunque per Clooney un sorta di macchina del fango pronta a diffondere ovunque la corruzione. Meyers all'inizio crede in quello che fa e crede soprattutto in Mike Morris (Clooney), candidato democratico alle primarie in Ohio per cui lavora con passione. Sopra di lui c'è solo il capo della comunicazione (Hoffman) che invece mostra più cinismo di quanto serva, mentre nel campo avversario, ovvero alla comunicazione dell'altro candidato, s'impone l'ancora più cinico Duffy (Giamatti). A far esplodere la miccia sarà come al solito la bella stagista (Rachel Wood), con cui Meyers avrà una relazione, ma non sarà il solo, e per questo perderà il lavoro. Tra nemici, colpi bassi, pettegolezzi mirati, quello che conta «è solo la vittoria» e il consiglio chiaro di Clooney ai politici: «Non andate mai a letto con una stagista, non fate foto delle vostre parti intime, non speditele via mail e non usate twitter». Il film, davvero bello e tratto dal lavoro teatrale di Beau Willimon «Farragut North», ha messo di buon umore Clooney, ieri in una conferenza stampa sold out, in abito grigio e, come al solito, sorridente con tutti. Da parte sua solo un pizzico di tensione nell'evitare le domande su Elisabetta Canalis (che in Usa sta partecipando al reality tv «Dancing with the stars») per poi rifugiarsi nel suo hotel preferito, il Cipriani alla Giudecca. «Sei disposto a venderti l'anima per un obiettivo? Questo è il cuore del film - ha sottolineato George per il quale la sua è una storia più morale che politica - L'avevo già pensata nel 2007, ma poi è stato eletto presidente Obama, tutti erano ottimisti e la sceneggiatura sarebbe stata troppo cinica per quell'epoca. Riguardo al fututo liberal e democratico di Obama sono ottimista e credo che le cose andranno avanti per il meglio: ho totale fiducia in lui anche se nel campo dei repubblicani sono emerse nuove figure, diverse da quanto ci si aspettasse. Il protagonista trentenne finisce per giocare sporco, così come il resto dello staff e come pure lo stesso candidato che, pur di mettere a tacere lo scandalo e la relazione con la stagista, accetta ogni compromesso per correre alle presidenziali. Queste vicende esistono da sempre, infatti il titolo è un omaggio alla congiura contro Giulio Cesare e molti sono gli argomenti shakespeariani. Il film non è solo per gli americani, ogni Paese potrà rivedere nella trama il proprio scandalo». A chi poi gli chiede quale consiglio darebbe a Dominique Strauus-Khan, ex direttore generale del Fondo Monetario Internazionale coinvolto di recente in uno scandalo sessuale, Clooney ha poi risposto che non dà «consigli proprio a nessuno, anche perché vorrei che il film ponesse più domande che risposte, del resto sono cresciuto nella cultura cinematografica degli anni '70. Ma non penso affatto ad un futuro in politica, mi piace fare l'attore, mi piace dirigere per poi dirmi: "Bravo George, scena fantastica!". Insomma il mio è anche un gioco, se sbaglio non rovino la vita a nessuno». Il film è un bel dramma psicologico, teso come un thriller che rievoca la Hollywood degli anni '70, tra strategie di comunicazione, finezze dialettiche e sgambetti mediatici. La politica diventa così lo scenario di una tragedia che incide sulle coscienze di ogni individuo, tra desideri, attese, debolezze e tranelli che puntano ad una sfida mortale.

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