Scola dà l'addio al cinema
Oraconfessa di non voler diventare come quelle «vecchie signore che continuano ad andare in giro con rossetto e tacchi a spillo». Per questo Ettore Scola, regista di pellicole indimenticabili come «C'eravamo tanto amati», «Brutti, sporchi e cattivi» e «Una giornata particolare», ha deciso di dire addio al cinema e di andare in pensione. Ieri il regista è stato ospite de «La vita: istruzioni per l'uso», curata da Simona Ercolani nell'ambito della Festa Democratica Nazionale di Pesaro organizzata da Lino Paganelli. Maestro Scola, a Pesaro è stato proiettato il suo cortometraggio intitolato «1943-1997». Di cosa si tratta? È ambientato durante i rastrellamenti nazisti nel ghetto di Roma del settembre '43. In un'ora e mezza vennero deportati quasi duemila romani e ne tornarono a casa solo una cinquantina. Qual è il suo prossimo progetto? Non ce ne saranno altri. Ho deciso di non girare più film. Come ha preso questa decisione? Stavo per girare un film con Depardieu. Era tutto pronto ma, alla fine, non me la sono sentita. Insomma è cominciato tutto in modo molto casuale ed è stata una decisione naturale. Perché non se la sente più di girare film? Il mondo del cinema non riesco più a viverlo come una volta, con allegria e leggerezza. Ci sono logiche di produzione e distribuzione che non mi rispecchiano più. Per me è fondamentale avere la libertà di scegliere e rinunciare. Iniziavo a sentirmi obbligato a rispettare trafile che non mi fanno sentire libero. Nel cinema prima c'era più libertà? Oggi è solo il mercato che fa le scelte. Non che prima non fosse importante, ma c'erano maggiori spazi di autonomia e di eccezione. I produttori erano pronti anche a rischiare e sperimentare. Chiaramente la crisi economica che stiamo vivendo ha peggiorato ulteriormente le cose. Non salva proprio nulla nel cinema di oggi? Non direi. Ci sono giovani efficienti che continuano a dare dignità al cinema e mi fanno capire che forse ci vogliono energie e contatti che io non ho. Il cinema è un lavoro di collaborazione e io in questo contesto non mi ci trovo più. Non teme che le mancheranno set e macchine da presa? Data la mia età, ho fatto quello che dovevo fare. Non ho rimpianti. Ho sempre lavorato con grande libertà. A un certo punto è meglio andare in pensione e io lo farò con quella dell'Enpals. Altrimenti mi sentirei come quelle vecchie signore che si mettono tacchi a spillo e rossetto per stare con i giovani. Nella sua carriera ha lavorato con i maggiori attori italiani di tutti i tempi, da Sordi a Mastroianni, da Tognazzi alla Loren. A chi si sente più legato? Innanzitutto per me erano amici più che attori. Li conoscevo anche prima di fare il regista, all'epoca in cui scrivevo sceneggiature. Per questo mi rispettavano ed erano sempre pronti a seguire le mie indicazioni. Con tutti loro c'era una grande fiducia reciproca. Non pensa di poter insegnare ancora molto ai giovani registi? Non mi piace pensare al concetto di insegnamento. Mi basta poter essere considerato un esempio per qualcuno.