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I tentacoli della camorra

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diTIBERIA DE MATTEIS C'era un volta il Belpaese, meta privilegiata di scrittori e studiosi provenienti da tutto il mondo e affascinati dalle bellezze naturali, culturali e artistiche di un territorio di ineguagliabile attrattiva come l'Italia. Se a stimolare l'estro di intellettuali, accademici e cultori del bello di origine straniera erano i nostri talenti geniali degni del patrimonio mediterraneo in cui si sviluppavano, come testimoniano i fiumi di letteratura di viaggio e di critica musicale, figurativa e storica spesi per narrare le nostre meravigliosa gesta creative, ormai riusciamo a scatenare un preciso e specifico interesse grazie ai peggiori vizi che ci tormentano, divorando come inguaribili cancrene un glorioso passato tradito e misconosciuto. Ecco allora come Felia Allum, docente di storia e politica italiana all'Università di Bath, in Inghilterra, si ritrovi impegnata a dedicarsi da tempo alla stesura di articoli e saggi sul potere e sul sistema malavitoso che, con illegali connivenze, finiscono per orientare e connotare la nostra dinamica sociale contaminando tutti i settori, dalle pubbliche istituzioni all'economia. Il suo ultimo libro «Il crimine organizzato a Napoli», pubblicato nella collana «Gli alberi» della casa editrice partenopea L'ancora del Mediterraneo, con 203 pagine al prezzo di 19 euro, affonda nella concretezza degli effetti di una tendenza endemica alla corruzione e all'ingiustizia civile che non può non scaturire nelle forme più efferate e perverse di violenza materiale. La ricerca gode qui della complicità dell'apprezzato scrittore tedesco Peter Schneider che così scrive nella prefazione a lui affidata: «La criminalità organizzata non è solo il soggetto di una lunga serie di romanzi e film, né solo uno degli argomenti a cui la stampa dedica più spazio, è una presenza significativa nella vita della gente e merita di essere analizzata. E tale analisi può scaturire solo dallo studio e dalla comparazione di un numero sufficiente di casi reali, come avviene in questo lavoro di Felia Allum». La matassa ingarbugliata in cui si mescolano interessi pubblici e privati, denunciata effettivamente da letteratura, cinematografia e teatro con molto più coraggio che da parte degli organi deputati, è un osservatorio tristemente esemplare di una malattia che abbiamo contagiato ed esportato con un'esclusiva di cui non è certo onorevole fregiarsi. Il percorso è anticipato e chiarito da Peter Schneider nella sua premessa: «Troverete qui una descrizione appassionante, e supportata da una ricca documentazione, dell'organizzazione sociale delle cosche camorristiche, del legame tra criminalità organizzata e corruzione politica e tra criminalità organizzata ed economia, dei conflitti intestini che sfociano periodicamente nella rottura delle alleanze territoriali ed economiche». Corre subito il pensiero a «Gomorra» di Saviano e al suo successo oltre i confini, ma qui l'impostazione è ancora più speculativa, incastonata nell'avventura storica di un Paese misterioso, complesso, contraddittorio e, nonostante tutto unico ed eccezionale. Si scruta, si scopre, si spiega un universo in cui siamo tutti impantanati grazie agli occhi incontaminati, scaltri e arguti di chi è completamente estraneo all'oggetto della sua indagine pur se profondamente incuriosito e accattivato dalla materia. L'inchiesta si allarga nel tempo e nello spazio, approdando alla sintesi somma che sta nella denuncia della presenza di tante, più o meno grandi, manifestazioni di camorra e criminalità. Nel lungo periodo tutte si strutturano come sistema, organizzando modi di affiliazione, modelli di comportamento, pratiche sociali e politiche, che mettono a punto organismi e apparati in grado di autoperfezionarsi a seconda delle situazioni contingenti, dei cambiamenti di potere e delle crisi sociali.

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