A Clint piace gay
Edgar Hoover fondò l'FBI nel 1924 e ne rimase capo assoluto fino alla sua morte (1972). Costruì il suo potere su dossier e pettegolezzi, tenendo in pugno i potenti grazie a filmati, informazioni e foto sulle loro debolezze sessuali. Ma era fin troppo attento a proteggere i suoi affari personali: Hoover non voleva essere messo in discussione ed era sempre lui a condurre il gioco. Eppure, scandali e casi politici legati al nome di Hoover sono tantissimi, si sospettò anche un suo coinvolgimento nell'assassinio di Martin Luther King. Lui avrebbe messo in giro la voce che il candidato Adlai Stevenson fosse gay e che la first lady Eleanor Roosevelt avesse una relazione lesbo. Hoover rimase scapolo e in molti lo ritenevano omosessuale: una biografia racconta che amasse vestirsi da donna e partecipare a orge, ma per tutta la vita il «poliziotto» ha perseguitato coloro che sostenevano questa tesi e di concreto su questo suo aspetto non emerse mai nulla. Ora, il regista Clint Eastwood, icona dei machi, grande saggio di Hollywood, racconta il suo punto di vista in «Hoover» (al cinema in autunno), avvalendosi per giunta dello sceneggiatore Dustin Lance Black, gay dichiarato e già premiato con l'Oscar per lo script di «Milk», film su vita e morte dell'attivista per i diritti gay con uno straordinario Sean Penn. La miccia in Usa si è accesa alla notizia del bacio tra maschi doc, ovvero tra Hoover (Leonardo DiCaprio) e il suo assistente Clyde Tolson (il bello e giovane Armie Hammer già apprezzato in «The Social Network» nel doppio ruolo dei gemelli Winklervoss). Ma Clint non ama lo scandalo, non vuole cadere nello stereotipo dell'omosessualità (presunta) del super poliziotto e non si lascia intimidire dalle polemiche. Anzi ha subito iniziato una campagna che tende a mettere in dubbio l'omosessualità di Hoover (al contrario di quanto avrebbe invece fatto nel film). Come dire che anche nell'America di Obama non si può trasformare troppo l'immagine di uno dei suoi miti più duri - ovvero quell'Hoover che controllò otto presidenti da Calvin Coolidge a Richard Nixon - in un gay al quale piaceva per giunta travestirsi da donna. Ecco che Clint torna (almeno a chiacchiere) sui suoi passi, quasi nel timore che il suo film venga annunciato come una sorta di manifesto omosessuale o di una macchietta parossistica del tosto Hoover che di giorno elimina il gangster Dillinger, di sera si bacia con il suo braccio destro e di notte si mostra succube con sua madre. Certo tutto si può fare e molto è concesso all'amato Clint, ma adesso la polemica sui blog americani infuria, i moralisti tirano fuori le unghie e c'è chi consiglia alla prestigiosa Università di Boston di togliere la laurea all'ispettore Callaghan. «Il mio film segue la carriera politica di Hoover, dalla fondazione del Federal Bureau of Investigation fino alla sua uscita di scena. E lo fa con tutti gli aspetti colorati della sua vita. Ma l'orientamento sessuale di Hoover lo lascio aperto, fa parte dell'ambiguità del personaggio. Alcuni dicono che Hoover e Clyde Tolson fossero inseparabili, stavano sempre insieme, al lavoro come nei locali di moda e forse hanno avuto una love-story, senza essere gay: io non lo so», ha dichiarato Eastwood al Wall Street Journal. Indubbiamente chi ricorda il vecchio Clint lanciato da Sergio leone, con tanto di sigaro in bocca e cappello in testa, o chi ha ammirato il suo recente «Hereafter», dove esplora la delicata percezione tra vivi e morti, forse non si aspettava che il regista puntasse su un chiacchierato e probabile amore gay. Ma Clint ha imparato la lezione e con nonchalance è corso ai ripari per non deludere i suoi fan.