La mutazione del vampiro da Nosferatu a sexy symbol
All'inizio erano brutti, poco seduttivi, calvi, con orecchie a punta e unghie affilate. Andavano a dormire nella bara e per ucciderli occorreva spaccargli il cuore col punteruolo. Un'antica leggenda vuole che il vampiro originario sia Giuda Icariota, che s'impiccò per il rimorso di aver tradito Gesù e fu condannato ad uno stato eterno di sospensione. Da qui, si spiegherebbe l'avversione dei vampiri per l'argento (i trenta denari con i quali Giuda vendette Cristo), per la Croce (simbolo della Cristianità) e per il legno di frassino simbolo di purezza. Dalla leggenda al cinema, i brividi diventano sempre più ghiacciati e il vampiro prende il nome di «Nosferatu» (dal romeno «non spirato» per non imitare il Dracula di Stoker) nel film muto di Friedrich Wilhelm Murnau del 1922. Però, poi, ci ha pensato Coppola a trasformare il vampiro in un seduttore irresistibile (Gary Oldman) che rubava il cuore e l'anima alla sua prescelta (Winona Ryder). Finché il mostro, che si abbevera di sangue umano, non sente il bisogno di diffondere ai media, e svelare a un giornalista, tutto il suo dramma in «Intervista con il vampiro» di Neil Jordan con i bellissimi Pitt & Cruise. Ma ecco che arrivano «Twilight» e la Meyer a spiazzare ancora una volta il pubblico generando un vampiro romantico, vegetariano, che per amore non beve più sangue e non fa più sesso per non correre rischi. Così, per un pubblico adolescente, si è modificata la saga vampiresca, lanciando la moda dei giovani dai canini affilati in lotta con la propria natura. Gli ultimi «non spirati» sono belli, amano suonare il pianoforte, sanno volare, vivono nel lusso tra ville strepitose e automobili velocissime. Mentre negli Usa si prepara l'ultimo sequel di «Twilight», pronto ad uscire a novembre 2012, adesso fa discutere «Fright Night», remake in 3D dell'omonimo film datato 1985, che cerca di ricollocare il vampiro nella sua antica posizione di essere terrificante e nello stesso tempo attraente. L'horror movie di Craig Gillespie sbarca nelle sale venerdì con un apollineo Colin Farrell nei panni del vampiro della porta accanto: si chiama Jerry, indossa una logora canottiera che le signore gli strapperebbero volentieri di dosso, è sexy e sfoggia con disinvoltura i suoi bicipiti da macho. Si muove come un felino, si mostra amico di tutti, ma nel desertico sobborgo di Las Vegas, dove vive porta a porta con l'amico Charley, qualcosa di lui non convince quando invece di camminare, scivola via come un'ombra. O quando prende la mela e non la morde, ma la divora con voluttà, facendone colare il succo che sembra sangue. «Spero che questo film non segni il mio suicidio artistico. Dopo tante pellicole impegnate, cercavo una parte che non mi coinvolgesse emotivamente, o psicologicamente», ha svelato l'irlandese Farrell, in sala anche con la commedia demenziale «Come ammazzare il capo e vivere felici». Il remake di «Ammazzavampiri» comunque non deluderà i suoi accaldati fan, procurando la giusta dose di brividi e suspense. La temperatura si alza solo quando il vampiro comincia a pedinare Charlie, il giovane che si accorge della sua «non spirata» identità e che si rivolge ad un conduttore di film horror, cacciatore di spiriti, per dimostrare chi è veramente Jerry e per disfarsi una volta per tutte del mostro succhiasangue.