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Il Villaggio dei Ding è un pugno di case di paglia disteso lungo l'antico letto del Fiume Giallo.

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Manegli anni Novanta tutto è sommerso dall'«ondata rosso sangue»: la spregiudicata campagna del governo cinese per promuovere la vendita del sangue tra i contadini, che aderiscono in massa con il sogno di costruire case di mattoni e nuovi pollai. Mentre alcuni si arricchiscono così, altri si ammalano di una strana «febbre», l'Aids. Yan Lianke, romanziere nato nel 1958 nella provincia di Henan, traduce in personaggi e immagini indimenticabili la storia di una comunità spazzata via «come le foglie di un vecchio albero». Ovvio che «Il sogno del villaggio dei Ding» (Nottetempo, 450 pagine, 20 euro) sia stato censurato da Pechino, nonostante il regista Gu Changwei ne abbia tratto un film. «La critica devastante dello sviluppo fuori controllo della Cina», come ha scritto The Guardian, prende corpo in queste pagine: il maestro Ding alle prese con un figlio senza scrupoli, la campagna che si inaridisce come se fosse anch'essa dissanguata, il villaggio che pullula di stendardi funebri bianchi. Un racconto epico e struggente. Li. Lom.

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